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R Recensione

8/10

Blonde Redhead

Misery Is A Butterfly

È lecito aspettarsi di tutto da una band formatasi dall’incontro tra una cantante giapponese e due fratelli gemelli milanesi trapiantati in America e travolti, in gioventù, da quel ciclone che risponde al nome di Sonic Youth. Ma il percorso artistico dei Blonde Redhead (bellissimo, intraducibile nomiker tratto da una canzone dei DNA) è riuscito comunque a prendere strade imprevedibili.

L’impianto noise rock dei primi album rivelava già una band di talento, ed era già stato capace di catturare l’attenzione di Steve Shelley, batterista dei Sonic Youth che fu anche produttore dei primi tre album dei Blonde. I tre cominciano a cambiare pelle con il quarto album, “In An Espression Of The Inexpressible”, dove ancora il noise la fa da padrone ma si intravedono quelle aperture melodiche che diventano preponderanti nel successivo “Melody Of Damaged Lemons”.

Il trapasso è completo con “Misery Is A Butterfly”, e quello che risulta sorprendente già dal primo ascolto – bellissima la opening “Elephant Woman” – è come i nostri siano riusciti ad allontanarsi tanto dalle sonorità dei primi lavori pur mantenendo intatta la profondità della ricerca musicale e del dettaglio. In altre parole, mantenendo la voglia di fare della buona musica offrendo una proposta originale.

E non è un obiettivo facile, visto che i nostri ormai calpestano un territorio che, per l’orecchiabilità di certi ritornelli, sconfina in quello, già abbondantemente battuto, del pop. L’impresa riesce tuttavia alla perfezione grazie al dosaggio perfetto di alcuni ingredienti: innanzitutto una cura maniacale per gli arrangiamenti, veri e propri elementi di complicazione di melodie altrimenti disarmanti per semplicità, straordinariamente accattivanti, che raggiungono l’apice della perfezione nella title-track.

Poi, la particolarissima performance vocale di Kazu Makino, che sembra sussurrare anche quando in realtà urla, e più che cantare sembra suggerire le atmosfere espresse dai testi. C’è poi anche la voce di Amedeo, a cui va riconosciuta una parte importante sia nella costruzione delle melodie vocali sia negli eleganti riff di chitarra o basso (melodie vocali e riff meravigliosamente esemplificati da “Messenger” o “Doll Is Mine”).

Se a tutto ciò aggiungiamo una malinconia di fondo, che impregna tanto le già citate scelte stilistiche tanto i contenuti dei testi (qui l’esempio migliore è la breve, semplicissima e potentissima “Falling Man”), si potrà ottenere un’idea dell’emozione che il terzetto italo-giapponese è riuscito a rendere in musica, senza contare che la produzione di Guy Picciotto, chitarrista e cantante dei Fugazi, aggiunge un grande valore a tutto l’insieme.

Sono undici momenti di squisita delicatezza, nei quali traspare in ogni nota tanto la volontà di esprimere un’emozione tanto l’amore dei tre per la musica, canzoni che si reggono su un equilibrio talmente perfetto e fragile da sembrare spiccare il volo con le ali di una farfalla. È stata la stessa Kazu, del resto, a spiegare che “le nostre melodie sembrano perennemente in stato d'emergenza, con l'urgenza di essere espresse e con la consapevolezza che da un momento all'altro possono andare in panne”.

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Voto degli utenti: 8,1/10 in media su 13 voti.
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george 8/10
REBBY 9/10

C Commenti

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Enrico Venturi (ha votato 10 questo disco) alle 20:57 del primo marzo 2007 ha scritto:

Quasi capolavoro

Anzi capolavoro, senza il quasi.

andystarsailor (ha votato 9 questo disco) alle 10:22 del 18 dicembre 2007 ha scritto:

La scoperta...

Non potrei non amare alla follia questo disco...rappresenta per me la scoperta di questo gruppo.

tramblogy (ha votato 9 questo disco) alle 12:29 del primo gennaio 2009 ha scritto:

bello!

bargeld (ha votato 7 questo disco) alle 20:52 del 29 gennaio 2009 ha scritto:

dopo Melody of certain damaged lemons, trovo quello che è venuto dopo imparagonabile. Adorabili, in ogni caso.

Utente non più registrato alle 20:17 del 15 febbraio 2012 ha scritto:

Emozionanti e particolari le melodie che sanno costruire.