Blouse
Imperium
È piuttosto misterioso capire le ragioni del cambio di stile dei Blouse, che dal dream pop sfocato del debutto sono passati a suonare una specie di alt rock primi 90, bello fisico e sudato: chitarre distorte e un po in acido, batteria simil-live, produzione molto grezza. Solo la voce di Charlie Hilton, rimanendo spesso indistinta e sullo sfondo, dove infila melodie acquose e in vago languore, è in continuità con Blouse, anche se qua leffetto è, più che di un glo-fi addomesticato al pop, di uno shoegaze un po abborracciato.
È misterioso, tutto ciò, dico, per un semplice motivo: il disco è riuscito decisamente male. I pezzi si muovono, per lo più, in un pastone caotico e finanche un po fastidioso (Eyesite), nel quale strumenti e voce sembrano andare per i fatti propri; leffetto, spesso, è che si stia ascoltando la versione demo di un disco mediocre (In a Glass), il che può spiegare la tentazione allo skip che spesso si prova anche durante pezzi piuttosto brevi. E che un disco Captured Tracks sembri, in sostanza, la prova di alcuni principianti di provincia (Happy Days) lascia un po perplessi.
Accanto alla produzione sgradevolmente toppata, laltro problema è che le canzoni sembrano comunque poca cosa. Si salva, come quasi sempre, qualche momento: 1000 Years incrocia con una bella melodia labrasività delle chitarre e la voce sognante della Hilton, mentre In a Feeling Like This ha un tiro scazzoso da Elastica che convince, e la title-track ha quanto meno energia. Ma si tratta, comunque, di dettagli in un disco, nel complesso, fallimentare.
Limpero, sì, ma alla fine della decadenza.
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