R Recensione

7/10

Buildings Breeding

Buildings Breeding

La storia dietro alla nascita di questi Buldings Breeding sembra uscita da un romanzetto rosa indie pop: Chris Larsen, cantante e chitarrista, di Davis, California, crea per scherzo questa sigla, con cui compone le canzoni dedicate alla fidanzata lontana, Melanie Glover, per poi pubblicarle sul solito MySpace. Al ritorno di lei salta fuori che la ragazza ha un certo talento ritmico e che, se c’è da cantare, canta. Si scopre anche che le canzoni non sono poi male. Il duo diventa ben presto un quartetto e, magicamente, i Buildings Breeding sono nati.

Non si limita alla sola genesi del gruppo l’aura da favoletta indie: bassa fedeltà, melodie spoglie e agrodolci, omaggi alla tradizione musicale locale e ai grandi padri del genere, una certa varietà di suoni tenuta insieme da un filo intimistico e da una costante atmosfera da cameretta. E viste le premesse, non poteva che andare così.

E se, durante l’ascolto del disco difficilmente ci si troverà a gridare al miracolo, è pure vero che, proprio il suo fascino discreto si rivelerà un lasciapassare formidabile per il vostro stereo: in cui questo disco transiterà e ciondolerà distrattamente e con nonchalance per parecchio tempo, aprofittando della sua semplicità per stamparsi piano piano nella vostra memoria. Magari con l’indolente incedere di Leaving Out The Punch, con l’attacco ipnotico di Beesting, o forse con il confetto pop in miniatura di Polish Barely Holds, che pare scivolato via dalla saccoccia dei Guided By Voices.

O forse saranno la lenta Stars Are Smitten, mollemente adagiata sul giro di Hallelujah e la narcotica cantilena di Slowly To Sleep a farvi tornare sui suoi solchi. E prevedibilmente butterete un’occhiata incuriosita al lettore anche mentre scorre la struggente e bellissima Lion On Summer St.

Episodi brillanti e meno brillanti, piccoli lampi e giri a vuoto, si alternano in quello che è una sorta di diario musicale, un taccuino che raccoglie appunti e bozzetti sonori, schizzi e idee sparse, che sprigionano tutto il loro fascino attraverso un perenne, irresistibile, senso d’ incompiutezza.

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