R Recensione

8/10

Cloud Cult

The Meaning Of 8

La prima cosa da fare, nel momento in cui si va ad affrontare questa quinta fatica in studio dei Cloud Cult, dovrebbe essere in teoria allontanare per un momento l’aura di aneddoti che li circonda: l’impegno ecologista del gruppo e una piccola label, la Earthology Recors, che dà alle stampe dischi e sleeves creati con legno e plastica riciclati, sfruttando l’energia geotermica. La scomparsa prematura del figlio del frontman (e mente del gruppo) Craig Minora nel 2002.

Sennonché questi particolari “esterni” finiscono con l’assumere rilievo nella produzione di un gruppo che da quella tragedia è rimasto irrimediabilmente segnato e in cui la produzione musicale assume una funzione costruttiva e catartica, la natura degli album volutamente concettuale.

A voler comunque per un momento analizzare il disco dalla proverbiale campana di vetro lo si scoprirebbe sfaccettato e complesso ma saldamente ancorato alla tradizione indie rockamericana più o meno recente: la disturbata vena naive e l’amore per i suoni affastellati tipico di gruppi come Flaming Lips e Polyphonic Spree ( via Tripping Daisy), una certa fascinazione per il college rock con vaghi richiami emo dei gruppi Saddle Creek, l’approccio melodico un po’ psicotico dei Modest Mouse e la straripante vena pop lo-fi degli Aqueduct, per citare i più evidenti.

E poi, le canzoni: una filiera straripante di pezzi (quasi 20) per un minutaggio altrettanto sostanzioso, cariche di idee e di folgoranti illuminazioni melodiche, dal passo e dall’umore altalenante, dall’ispirazione lievemente ondivaga ma comunque inarrestabile.

E, anche se a fronte di momenti strepitosi il gruppo non può fare a meno di concedersi qualche piccola caduta di tono o di stile, la qualità non scende mai sotto un livello più che discreto.

Filo conduttore tematico è la chimica, che lega, tra effetti a catena e collisioni di elementi, il brillante post punk sui generis (à la Modest Mouse) di Please Remain Calm alle divagazioni bucoliche di Chemicals Collide, l’incantevole crescendo barocco di Pretty Voice allo schiacciassassi lo-fi di Brain Gateway.

Ma anche l’high school un po’ trito che rinasce sul refrain farfalla pop di Take Your Medicine e il dream pop sommerso della toccante Dance For The Dead, l’elegiaco collage Everywhere All At One Time e le rasoiate noise di Good God, il quasi-industrial di The Shape Of 8, il folk dalle venature sadcore di Thanks, quello “tronico” di Alien Christ e infine quello amabilmente “canonico” di The Deaf Girl’s Song.

Penultima traccia (terz’ultima a volere considerare la traccia muta finale) di un disco che incontra il suo unico limite proprio nella sua enorme densità, rivelandosi a tratti eccessivamente indigesto. Ma comunque destinato a rimanere a lungo sugli scaffali, pronto a soddisfare la curiosità di chi si chiede quale sia “The Meaning of 8” .

V Voti

Voto degli utenti: 7,7/10 in media su 11 voti.

C Commenti

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target (ha votato 9 questo disco) alle 15:43 del 7 maggio 2007 ha scritto:

Fantasia e varietà

Finora, uno dei dischi indie-rock dell'anno: fantasioso e sfaccettato. "Please remain calm" e "Take your medicine" su tutte.

Marco_Biasio (ha votato 8 questo disco) alle 21:07 del 23 agosto 2007 ha scritto:

Mi piace, mi piace!

E' decisamente ricco ed elaborato nei suoni. Non è un ascolto facilissimo, ma la qualità del suono è tale che si lascia ascoltare con estremo piacere. 8.5...

Alessandro Pascale (ha votato 9 questo disco) alle 22:26 del 2 settembre 2007 ha scritto:

incantevole

abbiamo trovato un altro gioiello in grado di dimostrare che l'indie non è ancora fuffa da due soldi. Mi sbilancio spesso ma anche in questo caso non riesco a non dirlo: tra i dischi dell'anno!

ivanluprano (ha votato 9 questo disco) alle 15:01 del 3 settembre 2007 ha scritto:

mmmmm

suoni davvero studiati.....quanto difficile tanto bello....

Truffautwins (ha votato 8 questo disco) alle 1:56 del 24 gennaio 2009 ha scritto:

succoso

hiperwlt alle 18:19 del 22 ottobre 2010 ha scritto:

la quinta fatica? non li conoscevo affatto! che gran bel disco, già al primo ascolto c'è da rimanerne affascinati.

Norvegese alle 11:11 del 15 gennaio 2011 ha scritto:

amo tanto "Advice from the Happy Hippopotamus", questo non mi aveva colpito come quell'album ma resta un ottimo compendio dell'indie americano dell'ultimo decennio

target (ha votato 9 questo disco) alle 13:37 del 15 gennaio 2011 ha scritto:

Ottimo compendio, sì, e splendido disco sulla vita e sulla morte. Bellissimo packaging, tra l'altro. Gli anni zero che rimarranno. Peccato che poi loro si siano infognati in dischi decisamente meno felici... Ma questo e il precedente sono da avere.