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R Recensione

7,5/10

Damien Rice

My Favourite Faded Fantasy

L'amore dà e toglie nell'arco velocissimo di un battito di ciglia, ti innalza a divinità e ti precipita nella melma dell'indifferenza con la stessa facilità con cui un bambino ti sorride o ti porge la mano; non fai in tempo a capire di aver sbagliato e di essere stato il peggiore dei bastardi perché è ormai troppo tardi.

Così dev'essersi sentito Damien Rice quando aveva capito che la sua Lisa non c'era più. La dolce, diafana, Lisa Hannigan, compagna di magie e fortune, nonché responsabile della fortuna di quel sorprendente esordio di 12 anni orsono che risponde al nome di "O", che aveva consegnato al mondo il talento cristallino del folk-singer irlandese.

Ma ridurre il tutto ad un mero gossip da copertina non rende giustizia al meraviglioso lavoro di Damien Rice, che, complice di auto-esilio forzato in Islanda, nonché dell'apporto del grandissimo Rick Rubin in cabina di regia, licenzia un disco sorprendente, in bilico tra asperità folk (la title track), dolci nenie in odore di Nick Drake ("The Greatest Bastard") o bozzetti impressionistici degni del miglior John Vanderslice ("I Don't Want to Change You"): "Ovunque tu sia, tu sai che ti adoro, non voglio farti cambiare idea, non voglio cambiarti", canta dolente Damien, mentre i violini piangono con lui la disperazione, la solitudine, la perdita, ma anche (un filo di) speranza. "Colour Me In" ci fa fare un balzo indietro, laddove il miracolo era avvenuto, in "O", con quell'arpeggio in levare, quel piano felpato, quell'armonium che taglia il cuore, infine il crescendo orchestrale, da brividi, che mozza il fiato e ci riconsegna la calligrafia maiuscola di Damien Rice che fa anche in tempo a creare un piccolo melodramma in Musica ("The Box"), nonché delicate incursioni nell'immaginifico mondo sonoro dei Sigur Rós ("Long Long Way") oppure lunghi addii di Elliot Smithiana memoria ("Trusty And True").

Dopo otto, lunghissimi, anni di assenza c'è una gran voglia di ripartire da zero, di ricominciare, di lasciare una traccia. Di questi tempi di regressione musicale e culturale c'è un disperato bisogno di artisti come Damien Rice, nemico giurato della sovraesposizione e del ritornello facile. Uno che parla, si esprime e comunica solo quando deve veramente e necessariamente farlo. Grazie, Damien, di cuore. Alla prossima...

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Voto degli utenti: 6,3/10 in media su 5 voti.
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devis. 8/10
fabfabfab 5,5/10

C Commenti

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FrancescoB (ha votato 7 questo disco) alle 22:26 del 4 gennaio 2015 ha scritto:

Un lavoro toccante, che trabocca di idee, intelligenza ed emozioni. Le composizioni non sempre mi suonano brillanti (forse, come spesso accade, devo solo approfondire), ma poco male, il lavoro nel complesso secondo me è buono.

Paolo Nuzzi, autore, alle 17:40 del 5 gennaio 2015 ha scritto:

Grazie Francesco. Ti consiglio di approfondire, anche a me sulle prime sembrava così, ma poi dopo ripetuti ascolti (almeno una decina), il disco mi ha catturato e conquistato. Un grande ritorno.

fabfabfab (ha votato 5,5 questo disco) alle 11:56 del 8 gennaio 2015 ha scritto:

A me in realtà sembra un po' in calo di ispirazione. Si arrangia (con gli arrangiamenti ) ma il confronto con il passato lo penalizza.

Paolo Nuzzi, autore, alle 12:27 del 8 gennaio 2015 ha scritto:

Guarda, sulle prime sembrava anche a me. Dai primi ascolti non riuscivo a capire, sembrava una lagna, prolisso, sovraprodotto (ed arrangiato), in realtà bisogna ascoltarlo molte volte ed essere dell'umore adatto per apprezzarlo e ti posso garantire che dopo almeno cinque ascolti esplode in tutta la sua cristallina bellezza, poi, è chiaro, può far venire pure l'orchite, dipende dai punti di vista

Dr.Paul alle 14:28 del 8 gennaio 2015 ha scritto:

dopo una decina di ascolti a me piacciono anche shakira e i queen!

fabfabfab (ha votato 5,5 questo disco) alle 15:27 del 8 gennaio 2015 ha scritto:

Dopo 15 a me piaceva persino Patrick Wolf . Credo di aver già spiegato il mio punto sulla questione "heavy rotation". Comunque Paolo ha centrato il punto. E' davvero sovraprodotto, è spesso cade nel melenso, il primo album era adorabile fin dal primo ascolto.

swansong alle 18:11 del 8 gennaio 2015 ha scritto:

Non sono d'accordo..per me anche il primo scade spessissimo nel melenso andante. 0, all'inizio, l'ho apprezzato abbastanza, in particolare 2,3 canzoni (The Blower's Daughter su tutte) ma alla lunga mi ha stufato parecchio ed alcune canzoni sono veramente una lagna pazzesca. Probabilmente è la timbrica della sua voce che mi infastidisce. Lo trovo, nel complesso, noioso...

fgodzilla alle 16:43 del 8 gennaio 2015 ha scritto:

premoesso che 0 era viscerale e profondo tipo il primo disco di Edda " per intederci"

Io un sovrepordotto di Rick lo vorrei sempre

gloria alle 14:23 del 24 giugno 2015 ha scritto:

Un disco molto bello, di sicuro un enorme passo avanti rispetto a 9, e praticamente all'altezza di O, anche se qui si viaggia su binari completamente diversi. Gli arrangiamenti, che in O erano essenziali, qui diventano a tratti anche pomposi, ma non mi sembrano eccedere, anzi, a volte servono a sopperire qualche carenza compositiva (Long Long Way, ad esempio) e in questo sicuramente lavorare a stretto contatto con "l'ambiente Sigur Ros" ha aiutato. Spero che Damien abbia ritrovato la capacità e la voglia di registrare, e che per il prossimo disco non si debba aspettare 8 anni. A questo punto, visto che mi pare che stia sperimentando parecchio, mi incuriosisce sapere che direzione prenderà. Davvero "alla prossima"