Deerhunter
Monomania
Monomania è lultimo prodotto in commercio della sempre ispirata e prolifica combriccola Deerhunter, che tra storie tristi, progetti paralleli (Atlas Sound e Lotus Plaza) e hype più o meno giustificati, gode oggi di una più che dignitosa fama mondiale, per alcuni addirittura il gruppo di riferimento nel filone del pop lercio di psichedelia e rumore. Non che la storia mi abbia mai appassionato particolarmente ma il percorso è stato sempre mediamente dignitoso e sempre onorato, da parte mia, da un discreto numero di ascolti. Ragion per cui, anche questa ultima fatica andava analizzata per testarne lo stato dellarte.
Rispetto alle recenti produzioni il suono di Monomania è annunciato come più duro e grezzo, con un piglio che sembrerebbe dover comunicare maggiore energia e rotture di timpani come mai prima dora. Insomma, un album più rock. Ed ascoltando le prime due tracce sembra in effetti che sia proprio così. Dichiarava infatti Cox in una intervista apparsa qualche mese fa su Rolling Stone The only thing that Lockett and I listened to before making this record was the Ramones and Ricky Nelson. And Pierre Schaeffer. And Bo Diddley! He's the god of this record (nientedimeno!, ndr).
Lalbum comincia con Neon Junkiard, il pezzo più bello e significativo dellintero album. Una rock ballad scandita da un ritmo cadenzato di chitarre acustiche, dai contorni sfumati e dalla voce lievemente distorta (se ti piace, potrebbe pure piacerti lultimo Spiritualized o, perché no, il John Lennon solista). Non credo di esagerare se dico che da solo tira la carretta di un album altrimenti disordinato e troppo disomogeneo.
Un riff di chitarra in distorsione acida che emerge dalla nebbia di voci fortemente artefatte e sguaiatamente riverberate introduce la divertente (e poi, a poco a poco, sempre più potente) Leather Jacket II (se ti piace, potrebbero pure piacerti i primi Yeah Yeah Yeahs). The Missing è la (solita) litania indieparanoica in bicorde e rullante che prima o poi pure i The Strokes si stancheranno di riproporre in questi termini. Se non sei stanco di sentire sempre la stessa musica, ti piacerà, perché comunque sia è ben fatta e dopo due/tre ascolti si assesta comodamente nelle tue orecchie. Pensacola è come i The Fratellis potrebbero rifare un classico country in una semi affollata festa di paese. Dream Captain è una ballata energica, dignitosa, in uno stile punk/folk che ricorda i Violent Femmes o gli ultimi Dropkick Murphys.
Blue Agent dimostra invece la vena più scanzonata ed ironica dellalbum subito seguita da T.H.M che scopre invece il lato più soffice e fragile. Sleepwalking segna un virtuale connubio tra i Beach House e una qualunque, fate voi, delle indie band albioniche. Back To The Middle sembra destinata ad incastonarsi nel tuo cervello, specie se lascolti in una spensierata giornata estiva (mentre scrivo però, purtroppo, piove), per il suo ritornello ruffiano e banale. Alla fine però, è poca roba. Monomania, la title track è un indie rock dal forte retrogusto Libertino che nel finale deflagra in un tripudio di pulsioni psichedeliche che lasciano positivamente impressionati terminando con una marmitta scoppiettante che, se la memoria uditiva non mi inganna, sembra proprio quella di una vecchia Vespa special 50 (più psichedelia di questa!). Lalbum si chiude con la buona Punk (La Vie Antérieure) che ricorda, molto, le recenti produzioni di Kurt Vile.
I Ramones e Bo Diddley, ad ogni modo, io li lascerei lì dove sono e se proprio si devono indicare dei nomi di artisti che direttamente o indirettamente hanno ispirato questalbum o che comunque potrebbero balzare alla mente nellascolto, direi sicuramente The Strokes, Spacemen 3 parzialmente de-psichedelizzati e Kurt Vile. Tante 12 tracce, ragion per cui con 4 pezzi in meno e un po di originalità in più sarebbe potuto essere un album più che discreto. Così comè, una delle cose meno valide della premiata combriccola Deerhunter.
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