dEUS
Vantage Point
Sono poche le band alle quali oggi ci si avvicina col fare di una volta, con quell’attesa un po’ romantica finalizzata a scoprire un nuovo bouquet di aromi e profumi, contando magari i giorni che mancano alla pubblicazione del nuovo disco.
I dEUS sono fra questi, grazie ad un passato costruito su quattro dischi magistrali, impossibili da classificare in base alla bellezza.
Magari sarebbe troppo attendersi elaborazioni spiazzanti come quelle di Worst Case Scenario (l’esordio del 1994) e In A Bar Under The Sea (1997), ma dalla band di Tom Barman si pretende sempre qualcosa di più, e magari si è disposti anche a perdonare qualche mazzo passo falso.
Se ascoltassimo il disco al contrario, partendo cioè dalle ultime tracce, stavolta però il peccato sarebbe imperdonabile.
“Smokers Reflect”, “The Vanishing Of Maria Schneider” (con Guy Garvey degli Elbow) e “Popular Culture” sono episodi realizzati con sufficienza e senza guizzi di genio, episodi che non possiamo accettare dalla band belga, momenti inquadrabili al di sotto dello standard medio di chi soltanto tre anni fa era tornato alla grande con il riuscito “Pocket Revolution” dopo ben sei anni di assenza dalle scene.
Ma se continuassimo il nostro giro alla rovescia troveremmo delle perle di inestimabile bellezza.
E sapete qual è quella che al primo ascolto si presenta come la più luminosa?
Romanticoni di tutto il mondo tenetevi forte perché “Eternal Woman” è una prodezza da non credere alle proprie orecchie, con le sue magiche ed armoniose rotondità si candida ad essere una delle perfect song dell’anno in corso; per i maniaci dell’informazione sottolineiamo la presenza di Lies Lorquet dei Mintzkow (belgi pure loro) ai controcanti femminili.
Se amate i dEUS come tradizionalmente intesi, beh, qui c’è pane per i vostri denti soprattutto nell’emozionante grandeur dell’iniziale “When She Comes Down”, nella scattosità rock della successiva “Oh Your God” e nell’ending di “Is A Robot”, quasi una “Instant Street” minore.
Se invece i suoni wave sono il vostro forte, eccovi servite le tinte eighties di “The Architect” e della più fredda e distaccata “Slow” (scelta come primo singolo), già da tempo disponibili sulla pagina MySpace del gruppo, quindi ben metabolizzate dai fan alcuni giorni prima della pubblicazione del disco.
Caleidoscopici ed illuminati come al solito, Tom Barman e soci ci regalano un disco a due velocità, superiore comunque alla media nel mare magnum delle pubblicazioni che affollano un mercato discografico disgraziatamente sempre più saturo e sempre più ricco di inutilità.
Tutto sommato dopo numerosi cambi di formazione è un piacere averli ancora tra noi vivi e vegeti.
Vantage Point è per i dEUS ciò che Yeld fu una decina di anni fa per i Pearl Jam: un disco di onesto rock dopo quattro capolavori (fra i quali almeno un paio di pietre miliari del rock contemporaneo).
Ed il termine onesto non dev’essere letto in termini riduttivi, bensì interpretato come il quinto tassello di un percorso assolutamente virtuoso.
Tweet