Dinosaur Jr
Beyond
Il fantasma delle reunion si aggira ormai da anni nel mondo del rock, quasi a certificarne lormai totale subalternità alle spietate leggi del mercato, se non la conclamata morte creativa. Lo scempio perpetrato da Iggy Pop alla leggenda degli Stooges è lultimo esempio di una lunga catena di pugnalate inferte alla carcassa rockettara.
Non sono mancate per altro gradevoli eccezioni qualitative, dal discreto ( per quanto effimero) ritorno dei Janes Addiction alla stupefacente rentrée dei Wire, a testimonianza del fatto che si può avere ancora qualcosa da dire sul piano intrinsecamente musicale.
In quest ottica molti si sono sorpresi alla notizia del risveglio del Dinosauro, col ritorno del figliol prodigo Lou Barlow ad affiancare J Mascis e Murph in una formazione dotata di un curriculum immacolato. Acrimoniosamente sciolti nel 1989, di acqua ne era passata parecchia sotto i ponti fino al concerti del 2005 che ne hanno sancito il ricongiungimento. Conoscendo però i due, tra i più tormentati e puri talenti del rock americano negli ultimi 20 anni, in fondo non ci si stupisce più di tanto. Mascis da sempre combatte contro la noia, e riformare sotto le luci della ribalta deve essergli sembrato un ottimo antidoto, mentre a Barlow , cronicamente afflitto della sindrome del bassista, non sarà parso vero di poter ritornare in secondo piano.
Il frutto di ciò è Beyond. I primi due pezzi ( Almost ready e Crumble) evocano subito le stimmate del sound Dinosaur Jr: contorsioni di feedback e sferragliate melodiche vertiginose in osmotica unione. Ascoltare J, con il suo rifferama sgangherato ma mostruosamente conciso e la sua voce dinoccolata, è un po come ritrovare un vecchio amico dopo tanti anni, il compagno di banco alle medie complice di tanti scherzi ai professori o al primo della classe. Quando pensi che al massimo a Beyond potrai ascrivere un suadente effetto amarcord, arriva la traccia numero tre, Pick me up, di una magnificenza inaudita. Sei minuti spumeggianti, tranciati da un bridge sensazionale e rilanciati da brillanti divagazioni nel finale, con uno dei migliori Mascis di sempre.
Mentre inizi a chiederti cosa combina Barlow, ecco che spunta la sua voce nell autografa Back to your heart, sfolgorante cavalcata loser core degna dei primissimi Sebadoh.
A questo punto, ogni resistenza cade e ti lasci conquistare dal resto del disco: dalle litanie disincantate di This is all I came to do , dagli stacchi sul baratro di un vulcano in esplosione di Been there all the time, dagli effluvi chitarristici, abrasivi e caustici come da younghiano copione in versione hardcore, di Its me. Assoli supersonici, volumi assordanti e un Murph che picchia come un ossesso dietro le pelli la fanno da padrone, ma poi Mascis rispolvera la sua evoluzione in songwriter di vaglia negli anni 90 nella filastrocca stralunata Were not alone e soprattutto in I got lost, morbida e struggente gemma acustica, con falsetto volto a emulare zio Neil . Ancora Barlow rilancia la posta con la fulgida elegia elettrica Lightning bulb, mentre il Dinosauro si congeda con la dolce amara melodia di If I knew epitome dello stile del suo lunatico despota: ballad midtempo che si schianta in velocità tra deliranti assoli, per consegnarci uno degli album dellanno.
Felice compromesso tra passato ingombrante, smagliante vena compositiva e ruggente potenza di esecuzione.
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