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R Recensione

7,5/10

Duse

Come pietra

L’impudica diva dannunziana sembra offrire il proprio nome a questa band romana, un nome che si trascina dietro sfrontatezza, avanguardia, parossismo e culto del piacere. I Duse, ovvero Paolo “Mr. P” Masala e Filippo “Lucifero” Rubertini, provengono dritti dalla scena post-punk dell’Urbe anni ’80: il primo chitarrista e programmatore, il secondo storica voce degli altrettanto mitologici Luxfero. Con l’appannaggio di una qualche maturità raggiunta i due hanno deciso di tornare sulle scene con un progetto più autoriflessivo e accomodante rispetto alle origini, sicuramente altrettanto ostinato. E il titolo “Come pietra” ben si addice ad un disco bello e rude, come diamante grezzo.

Il disco è composto da nove pezzi, scritti quasi di getto; la voce è calda e baritonale, sempre in bilico tra David Bowie e Iggy Pop, il sound una commistione di elementi melodici attinti da new wave e grunge – penso tanto ai Diaframma di “Siberia” quanto ai Litfiba di “Spirito”. Il mood intimista emerge nella title-track e in “Sono un uomo” dove Lucifero canta: «Mille viaggi fatti per amore / e amici morti per un solo errore / ma quanti cerchi ha la nostra vita / che silenziosa scorre tra le dita»; un certo ritorno alle radici è invece rinvenibile nelle pieghe punk de “La talpa” e “Voglio imparare” al contrario dell’elettronica presente ne “La libertà” e delle frecciatine progressive di “DB ovunque sei”. Ma il nuovo è più completo stile dei Duse sta forse agli estremi del CD, nelle circonvoluzioni rockeggianti di “In sogno” («So che tutto finirà, / nell’amore si nasconde la follia, / disarmante si inebria in me, / in noi») e ancor di più nella ballata meravigliosa “Le cose dell’amore” («Giornate mai iniziate, / l’amore che va via / ed io fuori una porta / che è chiusa ma da te»).

Linea di demarcazione di una nuova esistenza artistica, “Come pietra” è un disco sanguigno, carnale, appassionato ma sofferto, come un buon romanzo di Curzio Malaparte o Milan Kundera. E se è vero che «il corpo ha sempre fame», i Duse hanno dimostrato di possedere intatta l’irrequietezza della gioventù, ancora non paghi dell’avventura, della musica, dell’arte, della vita.

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