R Recensione

7/10

Enon

Grass Geysers...Carbon Clouds

Finalmente gli Enon pubblicano il quarto album a quattro anni di distanza dall’ultimo Hocus pocus (2003). A chi non fosse un aficianado del gruppo ricordiamo che il trio è composto dal chitarrista John Schmersal (ex Brainiac), dalla bassista Toko Yasuda (Blonde Redhead) e dal batterista Matt Schultz, che salirono alla ribalta nel 2002 con quel piccolo gioiellino che era High society, ottimo mix di influenze e generi in cui ritrovavamo noise, pop e elettronica fusi in un’attitudine indie sbilenca e low-fi (Pavement, Beck, Pixies).

Hocus pocus sembrava non sapere bene in che direzione andare con la sua varietà abnorme di stili, ma offriva allo stesso tempo, proprio per questo, un’ampia panoramica delle capacità offerte dal gruppo. Grass geysers sembra invece il risultato di una logica più precisa: ridimensionata la parte elettronica (Dr Freeze forse è il risultato più “all’antica”) e maggiore peso a un’estetica noise-rock sempre comunque ben ancorata allo schema pop.

Le attitudini new wave di Schmersal tornano alla luce nei richiami ai Bauhaus che si scorgono nelle chitarre abrasive di Colette e nella base ritmica di Ashish (sentire Bela Lugosi’s dead) ma largo spazio trova anche l’estetica industrial: la si ritrova nel potente basso della Yasuda (che sembra essersi fatta una bella scorpacciata di Jesus Lizard e Shellac), nonché nell’inizio ambient-industrial di Labyrinth, fino alle chitarre ruvide di Schmersal che fioccano un po’ ovunque (Dr. Freeze, Paperweights).

La scelta degli Enon può essere condizionata dal successo dell’ondata di gruppi rock che è tornata a invadere questo inizio millennio dopo la moria di fine anni ’90? Probabilmente no, anche se Peace of mind sembra un brano sputato dagli Ikara Colt. Piuttosto prevale l’amore per i Sonic Youth e per le loro sfuriate noise che sono le vere protagoniste del disco (Pigeneration, lo splendido incedere di Labyrinth, il punk-pop acrobatico di Those who don’t blink) assieme alla passione per il pop che trova la sua piena realizzazione nei brani cantati dalla Yasuda (il ritornello intrigante di Mr.Ratatatatat, gli schemi noise annacquati di Law of Johnny Dolittle).

Alla fine ne viene fuori un disco potente, musicalmente aggressivo ma paradossalmente più accessibile al grande pubblico per la sua elevata percentuale di riff e ritornelli orecchiabili. Nella sua compattezza Grass Geysers manca forse di picchi realmente incisivi, unico tallone d'Achille di un disco che non ha altri significativi punto debole. Qualcuno si chiederà: meglio o peggio rispetto a High society? Forse la risposta migliore è: “diverso”. E, di fronte alla cronica staticità creativa della maggior parte dei gruppi in circolazione, non si può che rimanere soddisfatti di questa ennesima, lieve, virata stilistica.

V Voti

Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 4 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
REBBY 6/10
Looka 8/10

C Commenti

Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

Alessandro Pascale, autore, alle 17:28 del 11 maggio 2008 ha scritto:

si in realtà

non l'avevo contaggiato in quanto Lost marbles è per l'appunto un disco che raccoglie singoli e rarità del gruppo precedenti all'ingresso del bassista Yasuda (quindi precedenti al secondo album grosso modo). Per questo non l'ho considerato un vero e proprio lp ma più una compilation non così meritevole di menzione.