Shannon Wright
Secret Blood
Shannon Wright non sta mai ferma, anche se lo fa senza dare troppo nell'occhio. Da quel riuscitissimo Let In The Light l'artista di Atlanta non ha mai smesso di tentare nuove strade, senza sconvolgere il suo stile ma soffermandosi ogni volta su diverse sfumature dello stesso, tentando di andare oltre alle conquiste puramente cantautoriali per aprirsi a contaminazioni varie, tra rock, folk, musica da camera, con uno sguardo di favore mantenuto verso il vasto panorama degli anni '90.
Ed ecco che, dopo l'allargamento dello spettro sonoro dello scorso Honeybee Girls, la Wright si rimette in discussione: il nuovo Secret Blood recupera i toni disperati alla PJ Harvey riscoprendo l'anima indie rock di un album come Over The Sun (2004). Ma questa volta si tratta di un rock più strutturato e cerebrale (anche se essenziale, come da tradizione) meno d'impeto, decisamente più orientato alle contaminazioni post tipicamente nineties.
Palomino apre le danze richiamando i momenti più psicotici e scomposti di Lisa Germano, promettendoci un cambio di rotta, una virata verso lidi più sperimentali ed inusuali. Pezzi come Violent Colors ci danno una prima conferma di questa nuova fase, tirando in ballo un post rock tesissimo dove ogni lirismo si sfilaccia, a partire da un cantato sofferto e monocorde, sovrastato da atmosfere opprimenti e riff ripetitivi ed incalzanti. Fractured prosegue nell'arroventare il clima, facendo esplodere affilate schegge post-core e dedicandosi con particolare attenzione alla ritmica (si conferma di grande valore il batterista Brant Rackley), vero pilastro su cui questo Secret Blood vuole reggersi, come ci conferma poco dopo l'infuocata Commoner's Saint.
Anche Dim Reader, nonostante l'apertura ad un melodismo dolente, si regge su un'architettura ritmica di natura portante, fatta di strutture matematiche e possenti, veri e propri richiami post assieme ai ricami chitarristici e ai riverberi atmosferici. On The Riverside non fa eccezione: una ballatona in stile tipicamente wrightiano, con quel pianoforte grave a dipingere arie drammatiche e cupe, con quel cantato abbandonato e lievemente strozzato... Ma i corpi estranei sono quelli che maggiormente caratterizzano il brano, partendo dal flebile tappeto electro fino alla base ritmica, lenta e pesante ma dalla funzione strutturante, capace di incorniciare i momenti sonori del brano e catturarli in blocchi che si susseguono interrotti da secche fratture, disturbando un fluire altrimenti sommesso e pacifico. Merciful Secret Blood Of A Noble Man completa questo processo, raggiungendo un'armonia tra gli elementi invidiabile, frutto di una maturità acquisita e di una sicurezza nel bilanciare sensibilità pop, ruvidità indie rock, atmosfere da camera e profondità concettuali.
Tra brevi spunti cabarettistici (Satellites, Chair To Room) e ambient (Fairgrounds) e omaggi a band come gli Aerial M (i ricami chitarristici di In The Needle) l'album può dirsi concluso.
Una scelta stilistica chiara, netta, in grado di dare compattezza e unitarietà all'insieme dei brani. Si deve però notare, nonostante l'ottima interpretazione e i barlumi di genio che fanno di Shannon Wright una delle più importanti songwriters del decennio, un'incapacità ad innovare realmente il suo percorso: i riferimenti forzati all'ultimo decennio del secolo scorso rendono questo lavoro fuori tempo massimo, anche se senza dubbio gradevole. Una creatura nostalgica, quindi, che trae proprio da questo aspetto gran parte del suo fascino. Un fascino che comunque, va detto, non è ancora appassito.
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