R Recensione

8/10

Spoon

Ga Ga Ga Ga Ga

Era quasi tutto fatto, per gli Spoon: le eterne promesse dell'indie americano sembravano aver trovato la chiave giusta per un successo finalmente mondiale. Nel giro di un paio d'anni, dopo l'ottimo "Kill the Moonlight" le cose si erano messe decisamente bene per Britt Daniel e soci: "The Way We Get By" finisce nella colonna sonora di OC, i brani del gruppo vengono usati nel film-rivelazione "Vero come la finzione", gli Interpol affidano a Daniel un riuscito remix della loro "Slow Hands".

In realtà "Gimme Fiction" (2005) non era probabilmente l'album più accessibile del gruppo né il più adatto a proiettarli sui palchi più in vista del vecchio continente, e così gli Spoon sono ancora qui a riprovarci, senza però avere modificato il suono marchio di fabbrica della band.   La base per i brani è infatti più o meno sempre la stessa: chitarre acustiche, riff di pianoforte mai esagerati e ritmo che si mantiene costante senza grandi scossoni.

Eppure, rispetto alle prove precedenti, si nota un'attenzione maggiore agli arrangiamenti e alle sonorità: "The Underdog" è un gioiello pop che è facile prevedere non avrà il successo che si merita, nel quale fra le "solite" chitarre spuntano addirittura trombe e tromboni; per fortuna la pretenziosità di alcuni brani del discreto "Gimme Fiction" è scomparsa per lasciare posto a canzoni più semplici che esaltano le qualità compositive di Daniel. Le partiture orchestrali che appesantivano le ultime composizioni qui vengono messe decisamente in secondo piano in una quasi-ballata come "Black Like Me", così come si fanno apprezzare le suggestioni soul di "Don't You Evah".  

Dopo tanti anni di attività non ci si poteva certo aspettare rock rabbiosi alla Pixies come quella "Don't Buy the Realistic" che apriva "Telephono" all'incirca dieci anni fa; eppure "Don't Make Me A Target" prosegue più che degnamente la tradizione indie-pop della band texana, affrontando con la solita classe e ironia un tema delicato come la politica e la sicurezza al giorno d'oggi. "The Ghost of You Lingers" è il capolavoro del disco: il caratteristico cantato di Daniel si inserisce su un riff di pianoforte da brividi, creando un'atmosfera malinconica e oscura, resa ancora più tetra dall'uso di più linee vocali sovrapposte e dal particolarissimo testo ("Put on a clinic till we hit the wall / Just like a sailor with his wools beat soft / The ghost of you lingers and leaves").   "You Got Yr Cherry Bomb" è la più dolce e orecchiabile delle dieci canzoni incluse e per una volta, più che i Pavement, sembra di ascoltare una rilettura di Elvis Costello (rendendo finalmente evidenti tutte le influenze anni 70-80 già presenti sin dai tempi di "Stay Don't Go"), riuscendo nel tentativo assai meglio dei più incensati Decemberists al tempo di "Picaresque"; "My Little Japanese Cigarette Case" è l'ideale proseguimento di "My Fitted Shirt" ed è comunque il brano più vicino agli esordi, mentre "Finer Feeling" si fa ricordare per il ritornello pur senza essere ruffiana o scontata, come nella migliore tradizione di "Girls Don't Tell".

Tutto sommato quindi, nonostante una durata piuttosto breve (36 minuti), di più non si può proprio chiedere agli Spoon: per l'ennesima volta ci regalano un album praticamente senza punti deboli, che garantisce numerosi ascolti e con picchi compositivi davvero insoliti per degli artisti sulla scena da oltre dieci anni. Bisogna soltanto sperare che questa volta la formula sia quella giusta: e sarebbe un vero peccato se "Ga Ga Ga Ga Ga" non venisse apprezzato come merita.

V Voti

Voto degli utenti: 7,1/10 in media su 8 voti.
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rubens 8/10
REBBY 7/10
gogol 6/10
target 7/10
giank 7/10

C Commenti

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target (ha votato 7 questo disco) alle 12:53 del 26 settembre 2007 ha scritto:

Rhythm and soul

Davvero un disco piacevole, senza pretese rivoluzionarie, ma godibile e ben rifinito. "The underdog", "Rhythm and soul", "Eddie's ragga" e "Finer feelings" le mie preferite. La voce di lui ha un che di rauco/nasale alcolico che funziona davvero.