R Recensione

6/10

Ted Leo & The Pharmacists

Living With The Living

Attivo sin dagli anni ottanta nella scena Hardcore di New York in formazioni quali i feroci Citizen’s Arrest e Animal Crackers, Ted Leo (fratello di quel Chris Leo che insieme ai Van Pelt ha scritto pagine memorabili dell’indie a stelle e strisce) è stato, dai primi anni novanta, uno dei primi con i suoi Chisel in quel di Washington Dc, a esporre sonorità mod ‘77 contaminate con varianti wave punk; quello stile che poi sfociò, durante gli anni successivi, nel revival vero e proprio fagocitante tutto ciò che appartenne a quell’epoca del suono inglese, i cui postumi vediamo trascinarsi sino ad oggi.

A partire dal nuovo millennio, tenendo fede al proprio calendario personale, Ted cambia ragione sociale e mette in piedi una nuova band dietro il moniker Ted Leo and the Pharmacists, ossia lui alla voce e chitarra accompagnato dai fedeli Dave Lerner al basso e Chris Wilson alla batteria, pubblicando quattro album di politicizzato power pop-punk (da citare almeno il fortunato ‘The Tiranny Of Distance‘ del 2001) generalmente in linea con le coordinate dell’etichetta che li supporta, ossia la californiana Lookout Records.

Col passare degli anni per descrivere i suoi dischi vengono tirate in ballo le più disparate influenze, da Elvis Costello a Paul Weller, ma il nome che viene sempre più spesso citato è senza dubbio quello del poeta della classe operaia Billy Bragg: le liriche dei brani assumono spesso caratteristiche ‘combat’ e sociali e il nostro cerca in ogni occasione di veicolare messaggi di denuncia e dissenso, spronando i propri fans a non scendere a compromessi e ad agire in prima persona contro le ingiustizie e le diseguaglianze che governano il mondo piuttosto che lamentarsi inutilmente.

Non sono pochi però quelli che non hanno mai digerito lo stridente matrimonio tra le dichiarazioni di guerra alla società delle liriche e le sonorità assai ovattate e sfocianti nel pop punk più amato da Mtv, quasi a rincorrere le tendenze più mainstream del momento, creando divergenze di opinioni sulle uscite del gruppo a volte in perfetta simmetria tra di loro: o lo si magnifica o lo si accusa di scarsa personalità.

Comunque sia, il compito di chi recensisce un disco è quello di trascendere il contorno e di concentrarsi sui contenuti, cercando il più possibile di trasmettere se vale la pena di essere ascoltato o se invece passare oltre.

E cosi si sente subito che questo ‘Living With The Living’ accantona le paure (o le speranze?) di evoluzioni nel suono del trio, dovute alla presenza inedita dietro al banco di produzione del batterista dei FugaziBrendan Canty, e soprattutto per il trasferimento alla Thrill Jockey proprio nell’anno del venticinquesimo compleanno, etichetta molto diversa dalla Lookout e alquanto restia a uscite nei territori pop punk o power pop.

Quindi avanti con le tirate mod wave degne del Weller era Jam di ‘Army Bound’ e ‘The Worlds Stop Turning’ dove sembra di stare ascoltando le vecchie compilation ‘This is Mod’ della Anagram Records, le pop song col cuore al trotto un pò primi Jimmy Eat World di ‘La Costa Brava’, l’energia sparata nel folk punk di ‘The Sons Of Cains’ e ‘The Lost Brigade’, una ‘Some Beginners Mind’ che potrebbe essere stata scritta dai nostrani Miles Apart ma sovraccarichi di produzione e arrangiamenti, e poi le perfette college songs da innamoramenti sulle panchine del parco di ‘Coleen’ e ‘The Toro And The Toreador’ .

A rinsaldare i legami con l’immaginario combattivo e impegnato, oltre ai testi troviamo un rocksteady che sembra uscito dalla penna di Joe Strummer come ‘The Unwanted Things’ e una ‘Bottle Of Buckle’ che prende strade odorose di Guiness e Pogues, mentre è meglio evitare di parlare di ‘Bomb.repeat.bomb.’ per non smarrire il senso di umana carità…

Che Ted Leo abbia la capacità di far vibrare la materia trattata e di riuscire a produrre album piacevoli e onesti è fuor di dubbio: se però cercate da questo ‘Living With The Living’ quello sguardo oltre, quello sberleffo alle consuetudini e al quotidiano, quella morbosità che ci fa far tardi la notte con le cuffie vicino allo stereo, quello scatto, anche minimo, che porta sempre un gradino più in là del già sentito e che ci piace scovare nei nostri ascolti, probabilmente, come è successo a me, avete sbagliato indirizzo.

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Voto degli utenti: 5,8/10 in media su 2 voti.
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JetBlack 5,5/10

C Commenti

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ozzy(d) alle 20:09 del 30 marzo 2007 ha scritto:

proposta interessante...

..e ben esposta, credo cercherò qualcosa: mi piacciono i riferimenti che hai dato.

DonJunio alle 10:11 del 31 marzo 2007 ha scritto:

sultans of sentiment...

..meriteresti 10 solo per aver citato i Van Pelt, uno dei miei gruppi preferiti di sempre. Cercherò di procurarmi qualcosa, grazie per la brillante segnalazione.