R Recensione

5/10

The National

The Virginia Ep

Recentemente si è sviluppata una moda discografica tanto interessante quanto autocelebrativa, di cui non sempre si riesce ad avvertire un perché che vada oltre quello biecamente economico. Mi riferisco alla moda di ripubblicare in formato deluxe dischi importanti del passato, abbinando per lo più all’originale (debitamente rimasterizzato) un secondo cd contenente chicche e materiale vario composto negli stessi anni. Lo fecero i Pet Shop Boys a inizio 2000 con tutti i loro dischi; lo hanno fatto di questi tempi New Order (+ Joy Division), Rem, Smiths, Pulp, e ne dimentico molti. Per stimolare un mercato dormiente, per invogliare il fan ad avere una quarta copia del disco dopo quelle in vinile, in musicassetta e in cd – che hanno tutte il loro fascino, diverso e speciale, sì, ma anche il loro prezzo – per rinverdire i fasti.

Curioso che i National abbiano deciso di fare un’operazione simile attorno a “Boxer”, uscito l’anno scorso tra i plausi entusiasti di moltissimi tra siti e giornali specializzati (noi, che non siamo i figli della serva, inclusi). Ed ecco, a un anno di distanza, questo disco spacciato per Ep – giacché 12 tracce per quasi 50 minuti fanno un disco, non un Ep – ad autocelebrare quello che i National stessi hanno decretato come proprio classico ancor prima che altri potessero farlo. Falchi.

 

Escamotage commerciale o meno, l’album, accompagnato da un dvd con un filmato diretto da Vincent Moon che riporta i retroscena della composizione di “Boxer”, è francamente deboluccio. La composizione (2 b-sides, 4 demo, 3 registrazioni live, 2 cover, 1 studio-song completamente inedita) lascia poco spazio ad autentiche novità. Ed è proprio quella più succosa, piazzata all’inizio, a dare il titolo all’Ep: “You’ve Done It Again, Virginia”, con Sufjan Stevens al piano (come già in “Ada” e “Racing Like A Pro”, con cui questo pezzo può andare a braccetto), è National al 100%, tra chitarre gentili, fiati sfumati, melodia immediata e atmosfere noir.

Godibile, per la verità, tutto il primo terzo dell’Ep, perché anche “Santa Clara”, con quella cassa pilotante (vd. “Start A War”) e i cori di Marla Hansen, fa la sua porca figura, e perché “Black Slate” ricorda i National più rock (pre-“Alligator”), e perché la sgranata “Tall Saint” è all’altezza delle cose migliori della band newyorkese. Proprio da qui, peraltro, deriva quell’anti-incitamento («Stay down, champion») che campeggia nel libretto di “Boxer”, e la sorpresa più curiosa dell’Ep sta nello scovare altri rimandi simili durante l’ascolto, tra stravolgimenti melodico-strutturali e spostamenti labirintici di intere porzioni di testi da un pezzo all’altro, quasi che Berninger agisse per tasselli di un mosaico, visioni isolate poi ricomponibili. La scura metropoli dei National ne guadagna in squilibrio cubista.

E allora, a proposito di spostamenti: la versione demo di “Slow Show” ci si mostra assai lontana dal prodotto finale, e pure assai meno convincente, perché priva della seconda parte tanto poetica e intensa («You know I dreamed about you for twenty-nine years» eccetera, che poi son parole tratte da “29 years”, dal disco di debutto del 2001: altri rinvii), il che fa pensare che demo più interessanti come “Rest Of Years” (grezzissimo) e soprattutto “Forever After Days” (con l’organo che esaspera l’andatura malinconica del brano, soffocando l’acustica) potessero diventare signore canzoni. Insipide le cover (di Charlotte Martin e Bruce Springsteen). Poco aggiungono i momenti live, se non il lancinante crescendo elettrico di “Fake Empire”.

Quest'ultimo brano è diventato, durante il periodo elettorale, uno degli inni di Obama, tanto da essere utilizzato come colonna sonora di alcuni suoi discorsi e video promozionali. Gli ha portato bene, a Obama. Un bene per i National, invece, sarebbe che il falso impero si dimenticasse in fretta di questo falso Ep.

V Voti

Voto degli utenti: 5,5/10 in media su 2 voti.
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rael 6/10

C Commenti

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Moon alle 15:36 del 11 dicembre 2008 ha scritto:

sono in sintonia con l'autore per quanto concerne la premessa nella sua recensione...bieche operazioni commerciali che, molto spesso, snaturano addirittura l'opera....non se ne può più di queste bonus tracks ecc.ecc. peccato anche in questo caso perchè ho apprezzato molto The Boxer.