R Recensione

5/10

The Spinto Band

Moonwink

Da dieci anni in circolazione, ma solo da tre sulla cresta dell’onda, gli Spinto Band continuano a difendere il loro piccolo feudo di indie-pop squinternato. Se vogliamo credere (no, ma facciamo finta di sì) alla leggendaria genesi della band fondata sul ritrovamento fortuito di spartiti scritti da un nonno un po’ tocco (Mr. Spinto, appunto), allora dovremmo realisticamente presupporre che gli Spinto Band, al sesto disco (più Ep sparsi), abbiano esaurito il materiale sul quale lavorare. E insomma, come dire: “Moonwink” avalla questa ipotesi. Quindi crediamoci.

Il pop-rock cabarettistico e teatrale dei sei del Delaware, incrociando Beatles, Clap Your Hands Say Yeah!, Wolf Parade e tutto il melodismo sgangherato degli ultimi venti anni, con i Pavement sullo sfondo (ma ripuliti dal grezzo e addobbati di campanelli), vale per tutto il disimpegno giocattoloso che propone, cioè non tantissimo, sebbene riesca in qualche punto a intrattenere con piacere. Le differenze rispetto al gradevolissimo “Nice And Nicely Done” del 2005 stanno tutte nell’intermittente presenza dell’ispirazione, che lì invece faceva capolino in ogni brano, senza cali.

Il quartetto di pezzi iniziale, per fare un esempio, lascia alquanto perplessi: tra storpiature e cambi di ritmo, divagazioni schizoidi e cori svagati, chitarre che partono per la tangente e scampanellii euforici, resta poca sostanza, e la voce ubriaca di Nick Krill non riesce a trovare i giusti equilibri: si perde, contorce in continuazione le note e le strascica a volontà, si esercita in falsetti e in “la la la” riparatori. Ma invece di riparare, scassa un po’ (e in “Summer Groof” l'iterazione della parola ‘goodbye’ nel ritornello dà un po' di nausea; da pazzi, letteralmente). Si salva “The Carnival”, stipata più degli altri pezzi di continue segmentazioni incongrue e di sterzate jazzy che la rendono un vero delirio pop.

Episodi più felici nella seconda parte del disco (“Needlepoint”, “Pumpkins And Paisley”, “Alphabetical Order”, con passaggi di cacofonia vera e propria, “They All Laughed”, con la voce seguita da fregi elettronici), pur senza cambiare di una virgola la veste sonora del disco, ne bilanciano la godibilità: un equilibrio da funamboli sopra una musica da giocolieri. Gli Spinto Band vanno presi così. Come un birillo lanciato in aria. E chissà che non spunti fuori un altro nonno compositore dimenticato dai nipoti: a lanciare più birilli il numero si fa più interessante.

V Voti

Voto degli utenti: 5/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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Marco_Biasio (ha votato 5 questo disco) alle 19:37 del 31 ottobre 2008 ha scritto:

Non so se sono io che, al momento, nutro una certa qual idiosincrasia verso questa tipologia di dischi, almeno dall'uscita di "Who Killed Harry Houdini?". Non so se, invece, anche i buoni Spintos hanno mandato ad abbeverare all'Acheronte la loro vena compositiva e sono usciti con un bel formato di guano compresso. Per quanto mi riguarda anche questo seguito è da stroncatura immediata. Magari fra un po' di tempo ci ripenso ma, onestamente, sarebbe proprio un miracolo. Anzi, ora mi rispolvero "Nice And Nicely Done". Francesco ai massimi livelli!