Yo La Tengo
Fade
Da dove cominciare? Parlando di Yo La Tengo, non servono molte parole. Quattro sillabe ormai reduci da tanti anni di lavori. Tredici è l'anno, tredici è l'album. Dalle lontane eco di Ride of the Tiger, datato 1986, fino all'attuale Fade, è così andata suggellandosi nella pietra una delle istituzioni americane e internazionali dell'alternative rock (conviene prenderla larga, vista la quasi trentennale collaborazione del trio di Hoboken) e dell'indie rock. Ma qual è la situazione?
Ci troviamo di fronte ad una band di culto, inconfondibile, con pochi altri pari (probabilmente gli Wilco), negli anni della sua maturità. Non sembra che ci sia mai stata da parte degli Yo La Tengo la palese intenzione di avere un filo preconcetto in testa che riunisse tutto ciò che bisogna dire su Fade. Questo bastava per aspettarsi che Fade non rischiasse di ricevere clamore maggiore rispetto a quello che si merita. E si merita il fatto di riuscire a ribadire come il sodalizio artistico degli Yo La Tengo sia ancora capace di regalarci eccellenti momenti, siano questi dati da pezzi pop o indie, poco importa. La carne al fuoco rimane, e non è dir poco.
E' questo che fa Ohm con il suo valore assiomatico, un'apertura classica e diretta, come la desideravamo veramente, pronta a non esaurire la vitalità, ma a inglobarla nella dimensione country-silvestre di Is That Enough, amorevolmente americana. Basta questo? No, si procede ritmicamente nella repentina e inattesa Well you Better e naufraghiamo in Paddle Forward che riporta il tutto nella norma pop. Stupid Things coglie alla sprovvista, ma è l'annuncio di una decadanza che passando per le visioni di I'll Be Around ci sottopone direttamente alla melanconica autopsia di un'età dell'oro persa, Carnelia And Jane. A bordo di Two Trains viaggiamo meditabondi fino a The Point of it, prima dell'ora dell'addio.
Fade non è una dichiarazione d'intenti, ma rappresenta il gesto di adagiarsi su una meta consacrata e già raggiunta, un album a prova di proiettile per chi è ormai abituato a digerire i suoni del trio. E se al pubblico di nicchia non bastasse, la deluxe edition vanta due piacevolissime cover (I Saw The Light di Rundgren e Move To California dei Times New Viking), mentre il vinile contiene una jam session che regala dieci minuti in più ai quarantacinque dell'album, non molti, ma sufficienti per riaffermare ciò che una band come gli Yo La Tengo rappresenta oggi per la musica contemporanea.
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