Cup
Jitter Visions
Il mondo tutto intorno continua a muoversi e a girare, ma a Tym Wojcik non sembra importare granché: lenciclopedia della nuova cameretta garage lo-fi è una missione da portare a termine con impegno e costanza. Così, una manciata di mesi dopo lo stralunato Hiccup e ad un anno e mezzo dalla doppietta U Dont Like This Cup Puc, lindolente batterista del Queens fa il suo acclamato ritorno (?) con lottavo lungo (?) Jitter Visions. Manco a dirlo, tutto realizzato da solo, tutto in assoluta economia: il solo Etienne Puaux, che cura (?) anche lartwork del disco, dà manforte allattore principale con la propria chitarra mellotronata, nellironica no wave venata di sci-fi della semiacustica Eye See e nelle gradevoli vibrazioni surfey della ciondolante Its Calling For You.
Chi ascolta produzioni del genere sa benissimo cosa vi troverà e a cosa va incontro: pertanto, ogni riferimento supplementare ai numi tutelari di Cup già delineati, come se non bastasse, nel recente pezzo su Hiccup è del tutto dispensabile. Lo stile di Wojcik è questo, non si cambia: prendere o lasciare. Qualche tiratina dorecchie, questo sì, la si può fare ad una tracklist decisamente troppo lunga (mezzora così, anche se non sembra, è stancante) e disomogenea: motivo per cui alcune felici intuizioni sparpagliate lungo pezzi singoli vengono annegate in un blob uniforme in cui nulla sembra davvero spiccare. Un peccato: ben promettevano, ad esempio, gli effettacci space interpolati in alcuni dei brani più brevi (il singolone Magic Planet, la stonatissima Caffeinated Lover), lo stolido punk a zero oscillazioni di Freddys Bounce, il profluvio di grigiastre distorsioni doom che si infrangono nella seconda parte di Gum Boy e lhorrorbilly impasticcato di Wide Eyed. Così, invece, rimangono solo uninfornata di pezzi sovrapponibili luno allaltro, qualche timida variazione su tema (la California nebulosa di Spell Limbo) e nientaltro.
Unicamente per completisti.
Tweet