R Recensione

7/10

Art Brut

It's a Bit Complicated

Gli Art Brut si sono distinti, nel folto gruppo del (neo) post punk inglese, già col primo - riuscitissimo - "Bang Bang Rock & Roll" soprattutto grazie all'ironia dei testi del cantante Eddie Argos, declamati più che cantati, con una posa a metà fra un colto dandy londinese e un adolescente mai cresciuto; dopo le sperticate lodi di Pitchfork e alcuni singoli diventati ormai un must per ogni serata indie che si rispetti ("Emily Kane", "Formed a Band") non era facile confermare la le intuizioni della prima opera senza cadere nella banalità.

Va detto subito: questo "It's a Bit Complicated" (che si riferisca proprio alla sindrome da secondo album?) perde qualcosa in termini di irruenza e freschezza rispetto all'esordio, ma si presenta come un disco più centrato e decisamente meglio prodotto dell'originale, che evita la deriva "da stadio" di tante opere giunte di recente dall'Inghilterra (Futureheads, Maximo Park, Editors e tanti altri). "Pump the Volume" mette da subito tutte le carte in tavola: Argos racconta di un incontro amoroso al quale il Nostro si sottrae per alzare il volume di una canzone pop.

Si tratta, tutto sommato, di una evoluzione degli innumerevoli rimandi alla cultura popolare UK a cui il gruppo ci ha abituato (come nella vecchia "Bad Weekend"), ed è un'ottima introduzione all'opera. "Direct Hit" è sicuramente il pezzo di maggiore appeal commerciale, coi suoi cori brit pop e le sue chitarre taglienti. Proprio questo è il nodo fondamentale: i testi di Argos mantengono spesso le aspettative, ma non sempre sono sostenuti da un accompagnamento musicale adeguato. In particolare, rispetto all'esordio sono decisamente aumentati i riff e le parti di chitarra, ma non sempre queste sono memorabili: "St Pauli" è indie-rock banale e già sentito, i rimandi agli Smiths di "Late Sunday Evening" non sono probabilmente nelle corde del gruppo.

Eppure, nonostante questo, gli Art Brut si fanno perdonare con alcuni brani per nulla scontati e che si lasciano ascoltare volentieri: "People in Love" è una delle canzoni migliori mai scritte dal gruppo, con un Argos inedito e malinconico ("People in love, lie around and get fat / I didn't want us to end up like that"), ben scritta e arrangiata. "Post Soothing Out" si basa su un riff azzeccato e non avrebbe sfigurato nel primo album; il trascinante racconto di rabbia giovanile "Nag Nag Nag Nag" è il brano migliore dell'opera ("I'm in a film of personal soundtrack / I'm leaving home, and I'm never gonna come back") Prendendo spunto proprio dal testo di quest'ultima, si potrebbe dire che gli Art Brut ora sono "older, but wiser"; alcuni forse si aspettavano qualcosa in più, ma ci si può accontentare di un'opera onesta e a tratti davvero valida.

V Voti

Voto degli utenti: 6,8/10 in media su 4 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
REBBY 7/10

C Commenti

C'è un commento. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

Marco_Biasio (ha votato 6 questo disco) alle 9:53 del 24 agosto 2007 ha scritto:

Non sono per nulla originali...

...ma piuttosto che le ennesime copie (!) di Arctic Monkeys e Franz Ferdinand, ben vengano questi Art Brut, che almeno un po' di carattere ce l'hanno.