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6/10

Julian Plenti

Julian Plenti Is Skyscraper

Con gli Interpol apparentemente in impasse nella stesura di un quarto album che dovrebbe dare una nuova direzione a un canovaccio ormai fin troppo consolidato, Paul Banks decide di gettare nel tavolo la carta solista, ricaricando le batterie e battendo possibilmente strade nuove. A onor del vero il suo alter ego Julian Plenti venne architettato ben prima che gli ammalianti marosi del classico “Turn on the bright lights” marchiassero a fondo la decade in procinto di terminare, con alcune apparizioni in concerti acustici datate 1998.Paul ha poi coltivato il progetto parallelamente alla sua ascesa quale star: ma solo adesso arriva l’investitura discografica ufficiale, e il momento appare quanto mai propizio.  

Il frontman newyorchese appare in copertina con fare rilassato, lontanissimo dalle pose plastiche del passato, e con look assai meno stiloso, con tanto di occhialini da nerd. Ma nelle prime battute del disco affiora quell’inconfondibile voce baritonale, declamando versi quali “I´ve had my frustrations about the pains of daily life /I´ve tasted degradation and found the lace and candle light”, insinuandosi nei meandri più torbidi della Grande Mela col consueto piglio da dandy.  

In musica ciò si traduce in un album di discreta fattura, forse privo di instant classics ma stilisticamente più variegato rispetto ai lavori degli Interpol, e libero dall’ipnotico giogo del basso di Carlos Dengler. I numerosi fan della band madre saranno probabilmente blanditi da classiche, oscure cavalcate quali “Games for days” e” No chance survival”, a volte sporcate con scorie elettroniche anni ottanta: si ascoltino “Only if you run” e “Fun that we have” ( i maligni potranno dire che Banks è passato dall’ossessione Ian Curtis alla scoperta dei New Order….). Ma non mancano spunti adatti a chi chiede qualcosa di più coraggioso, come le trame acustiche e sfrangiate di “Skyscraper” e il crescendo sinuoso di “On the esplanade”. Non sarebbero male anche i vapori pianistici di “H” , la malinconia circolare di “Madrid Song” o il blues narcolettico di “Girl on the sporting news” se non mancasse il guizzo melodico decisivo, mentre il rockettone da stadio in zona “terzo album dei Coldplay”, propinato in “Unwind”, lascerà di stucco più di un interpol-maniac. Un disco di transizione, nella migliore accezione del termine.  

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Voto degli utenti: 6,5/10 in media su 11 voti.
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sarah 6/10
REBBY 6/10
MinoS. 5/10

C Commenti

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target (ha votato 6 questo disco) alle 10:10 del 15 settembre 2009 ha scritto:

Sostanzialmente d'accordo con lo junio. Paolo Banche prova strade un po' più sperimentali rispetto ai dischi interpolliani, com'è normale che sia in una parentesi solista, ma mi sembra che i momenti in cui riesce meglio siano proprio i più ortodossi e vicini allo stile della band ("Only if you want" poteva andare tranquillo in "Our love to admire", "Games for days" pure in "Antics"). Interessanti gli episodi acustici in cui Banche giuochicchia chiaramente, secondo me, a fare il Matt Berninger (National) che scopre le pieghe della NYC notturna: "On the esplanade" ha un arpeggio national-iano da morire. Ed è la mia preferita. Carine "No chance survival" e "fly as you might". Il resto così così, con quelle cosucce strumentali buttate lì sì che può capirle solo lui ("Madrid song", "h").

sarah (ha votato 6 questo disco) alle 13:55 del 17 settembre 2009 ha scritto:

Qualche spunto buono qua e là, però fondamentalmente mi ha annoiato. ed è l'ultima cosa che mi aspetterei da chi mi ha cullato con frasi tipo "her stories are boring and stuff". "on the esplanade" però è un gran pezzo.

ozzy(d) alle 0:31 del 22 settembre 2009 ha scritto:

Ho sentito solo il singolo, davvero terribile come tutte le cose fatte dal 2002 a oggi. Questo Banks si fa la Helena Christensen, potrebbe approfittarne e rifarsi una vita come modello invece di torturare i maroni con queste lagne dark che possono giusto piacere a Nicoletta dei "ragazzi della terza C" lol.

fleezer (ha votato 8 questo disco) alle 1:35 del 25 settembre 2009 ha scritto:

Mi ha sorpreso positivamente. Ero molto prevenuto. Invece l'ho trovato un disco coraggioso, spiazzante, originale.

REBBY (ha votato 6 questo disco) alle 16:00 del 6 ottobre 2009 ha scritto:

Effettivamente un album stilisticamente variegato,

forse fin troppo. Sembra un antologia di b-sides e

outtakes di periodi diversi: just for fan! Per me

la title-track e On the esplanade meritano.

hiperwlt (ha votato 7 questo disco) alle 23:45 del 3 febbraio 2010 ha scritto:

esordio più che apprezzabile, sebbene, anch'io come frezer, fossi partito prevenuto. ho dovuto ricredermi,benché non l'abbia trovato poi così originale.chiaro, l'attitudine non è esattamente quella "interpol", bensì infarcita (in certi episodi) di barocchismi e contraddistinta da una stratificazione sonora maggiore, rispetto al minimalismo, a cui i newyorkesi, devono il loro successo. cose migliori: " unwind", "games for days", "only if you run", "". certo, gli interpol, sono ben altro qualitativamente: 7 di stima per banks.