Maximo Park
Our Earthly Pleasures
Chiamato a confermare il buon successo di "A Certain Trigger", che un paio di anni fa aveva lanciato il gruppo sulla scena internazionale, sospinto da gran parte della stampa specializzata, il quintetto di Leeds insiste sulle stesse sonorità indie rock dell'album di esordio, un'anomalia per una casa discografica come la Warp. L'incipit in realtà non è dei più esaltanti: "Girls Who Play Guitars" potrebbe essere estratta dall'ultimo album degli Every Move a Picture o dei Kubichek, con le sue chitarre monotone e cori tipicamente british: per fortuna, già dalla successiva "Our Velocity" (il primo singolo) emergono i caratteri distintivi del gruppo: su una base di tastiere si innesta un efficacissimo mix di chitarre acustiche e elettriche, il tutto condito da un attitudine (post) punk da fare invidia ai Bloc Party, mentre il testo rancoroso di Paul Smith sulla solitudine riporta alla mente quello della fortunata "Going Missing" del primo album.
La formula viene poi replicata, sempre con buoni risultati, da "The Unshockable". "Books from Boxes" ci mostra l'altra faccia della band, quella più legata al pop anni '80, Housemartins e Smiths su tutti: i malinconici arpeggi di chitarra rubano la scena alle onnipresenti tastiere, mentre gli intrecci vocali riportano alla mente una certa new wave inglese (Cure, Stranglers). "Karaoke Plays" si muove sugli stessi territori, senza per questo risultare monotona, anche grazie a un arrangiamento né ridondante né invadente. "Russian Literature", così come "Your Urge", sono classici mid-tempo basati su insistiti riff di pianoforte: e arrivati alla sesta traccia emerge quello che probabilmente è insieme il più grande pregio e il più grande difetto dell'opera, una coerenza stilistica eccessiva che appesantisce i brani, che richiedono numerosi ascolti per restare impressi, laddove "A Certain Trigger" aveva in scaletta una serie di singoli a presa istantanea ma anche canzoni che erano semplici riempitivi.
Qui per fortuna mancano cadute d'ispirazione evidenti: in "Nosebleed" - uno dei brani migliori dell'album - Smith approfondisce i problemi relazionali, tema principale dell'opera, così come nella seguente "A Fortnight's Time". "Sandblasted and Set Free" e "Parisian Skies" (che conclude il disco) propongono invece un pop rock più ordinario non molto convincente dal punto di vista degli arrangiamenti, lasciandosi attrarre dalle stesse suggestioni (produzione troppo "pulita") che hanno appesantito gli ultimi Futureheads o la seconda metà di "A Weekend in the City" dei Bloc Party, album col quale questo "Our Earthly Pleasures" condivide una ricerca (a tratti eccessiva) di uno stile che possa conciliare ispirazione e vendite, con risultati altalenanti.
I Maximo Park confermano quindi un talento non comune in fase di scrittura, ma senza essere ancora riusciti ad esprimere tutte le loro possibilità; chissà se in un panorama dalla memoria corta come quello della musica indie in Inghilterra il gruppo saprà mantenere il posto che si era conquistato con l'appeal immediato di singoli come "Apply Some Pressure" o "Graffiti" o se verranno presto scavalcati sulla copertina dell'NME dalla "next big thing" del momento.
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