Moscow Olympics
Cut The World
Ultimamente si corre spesso il rischio di incensare gruppi che hanno il solo merito di riproporre gli stessi suoni e le stesse ricette melodiche di nostri idoli di ventanni fa ormai scomparsi, ricoverati in cliniche in mezzo ai boschi, o intenti a uscire da più lustri con album stanchi e insulsi, tanto da costringerci a ripescare i loro vecchi lavori per poter riassaporare certe atmosfere e sonorità. Sicché, se arriva qualche giovinastro che cavalca bene londa del revival, diventa subito un eroe.
Il problema, per molti di questi giovinastri, è che la loro originalità langue, lasciandoli ben presto sparire sotto il vortice della stessa onda che avevano cavalcato. Mi piace pensare, e ho modo di credere, che i Moscow Olympics supereranno alla grande lo scoglio del citazionismo, perché nel loro miscuglio di new wave e shoegazing ci sono una personalità e unimpronta degne di attenzione.
Questo mini-album di esordio, dopo lottima accoglienza di alcuni singoli (tra cui leccellente Still), è una gustosissima cavalcata di brani che vanno a toccare i New Order di Power, Corruption & Lies, gli Slowdive di Souvlaki, i Galaxie 500 e uninfinita serie di altri rimandi tra Ottanta e Novanta che londata nu-gaze (o, meglio, nu-shoes, visto che lo sguardo verso il basso è lo stesso, mentre sono cambiate le scarpe) sta riportando in auge di questi tempi (sentire per credere gli svedesi Afraid Of Stairs, con molti contatti, tra cui letichetta, con i Moscow Olympics).
Tappeti di tastiere dream pop, chitarre riverberate che intrecciano ghirlande di facili riff, voce che ricama melodie orecchiabili sovrastata dalla musica, una batteria incalzante e un basso che detta fraseggi melodici in primo piano. I modelli sono esposti: lo stile di Peter Hook, per dirne una, è richiamato in modo smaccato dal bassista dei Moscow, che indugia spesso sulle note alte creando veri e propri mini-leitmotiv strumentali che spariscono e riemergono in continuazione.
Impossibile, davvero, non pensare ai New Order: No Winter, No Autumn inizia esattamente come The Age Of Consent, solo su ritmi più bassi. Carolyn è uno stupenda ballata new wave che si pone a metà tra Your Silent Face e Catholic Easter Colours dei Northern Picture Library, altro punto di riferimento dichiarato dei Moscow Olympics.
Sorprendono, di questi sette brani, la produzione impeccabile, lo stile già compiuto e compatto, la capacità di non annoiare, grazie alle continue variazioni e alla misura dei diversi segmenti strumentali, mai eccessiva e sempre ben calibrata. La voce, a tratti, ricorda molto da vicino (come nella finale Cut The World) quella nasale e affilata di Neil Tennant (Pet Shop Boys), anche per la capacità di risultare pop nonostante tutto: formidabile, ad esempio, la melodia che estrae dal cappello nella deliziosa Safe. Leffetto finale è un sound solare e turbinoso (Ocean Sign) che nellaggrovigliarsi di melodie su fondale sfocato trova continui momenti di godimento.
Da incensare, dunque, i Moscow Olympics. Che non sono russi, eh: sarebbe troppo banale. Vengono dalle Filippine: aria nuova.
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