Petite Noir
La Vie Est Belle / Life Is Beautiful
Esordio sulla lunga distanza per Yannick Ilunga, nato a Bruxelles da padre congolese e madre angolana (è cresciuto, però, a Cape Town, in Sudafrica), dopo lottimo ep The King of Anxiety, di cui qui viene ripresa la sola eccellente Chess. Noirwave è la definizione che dà della propria musica Ilunga stesso nel brano strumentale di apertura, a indicare un mix di new wave, raccolta piuttosto nella sua versione nu-new di inizio millennio, e movimenti ritmici black, per cui arpeggi di chitarra e percussioni tribali coesistono sotto la voce baritonale, eppure straordinariamente versatile, di Ilunga.
Lesito è interessante, anche se non del tutto innovativo come lautoetichettatura potrebbe portare a credere: tutto sommato i Bloc Party capitanati da Kele Okereke non proponevano, dieci anni fa (dio), qualcosa di molto diverso per quanto, in effetti, Petite Noir ci aggiunga unapertura vocale più apprezzabile (Freedom), arrangiamenti più ambiziosi (Best, con fiati prepotenti), strutture ritmiche meno nervose e segmentate, e pure qualche inserto rap preso direttamente dallo sdoganamento rnb dellultimo decennio (vd. la title-track).
I pezzi buoni ci sono, anche grazie agli inserti vocali femminili (Mor) e a una produzione comunque impeccabile, al limite del patinato. Aleggia, tuttavia, pure una sensazione di artificio, ossia di disco costruito ad hoc, attorno alle buone ricezioni critiche che lep aveva raccolto lo scorso inverno, senza che si sia sentita invece lesigenza di sperimentare un po di più. Qualche brano è di troppo, o troppo lungo (vd. Seventeen, in cui strisciano, via tastiere, fantasmi più scuri da primi Editors), fino allanonimato di certi momenti più spuri (Just Breathe), a formare il paradosso per cui un disco nelle intenzioni così estremamente connotato giunge a suonare ordinario.
Chissà che i riscontri (per il momento) tiepidi non spingano Ilunga a osare di più. La stazza cè.
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