R Recensione

8/10

Arctic Monkeys

Whatever People Say I Am, That's What I'm Not

C'era una volta, tanto tanto tempo fa (si parla del tardo 2004), uno sconosciuto sito, frequentato da qualche centinaia di persone, perlopiù quattordicenni alcolizzati in cerca di una ragione di vita. Questi ragazzi avevano creato una comunità, perchè avevano qualcosa che li legava, qualcosa da condividere solo tra di loro, qualcosa che ritenevano di altissimo valore.Si trattava, come spesso accade, di Rock And Roll.Essenza di Rock And Roll.Liberazione spirituale da precisi canoni societari. Melodie sfrontate. Liriche che parlavano di vita di tutti i giorni. Nella fattispecie quelle di quattro ragazzi di Sheffield, che si faceva chiamare The Arctic Monkeys.Questa è la loro storia.

Il 2005 è stato il loro vero anno. E' stato l'anno durante il quale l'estasi procurata dai loro pezzi si è propagata per la rete alla faccia di qualsiasi strategia commerciale. E' stato qualcosa di magico ed indescrivibile per chi se ne è reso conto al momento. È stato inevitabile come un fiume che torna a gonfiare irrazionalmente il suo letto dopo aver sfondato una diga, come il sangue che circola libero nelle vene. È stato incontrollabile come l'eruzione di un vulcano. E' stato meraviglioso perchè molti credevano che quel vulcano non sarebbe mai esploso, proprio mentre la terra tremava sotto i loro stessi piedi. A costo di sembrare un emulo di Celentano (anche se i miei intimi sanno che è LUI ad essere un MIO emulo) mi viene da pensare che sia stato Rock.Una specie di rivoluzione francese del nuovo millennio. Una rivoluzione nella quale le masse si ribellano e decidono quali dischi comprare. Si, perchè perché in questo caso le riviste come NME non hanno pompato il fenomeno, ma si sono limitate ad accogliere trionfalmente i nuovi eroi britannici, scelti dal popolo.

Veniamo al 2006 (alla fine è dell'album che si deve parlare!). E' uscito un album. Si, un LP di una quarantina di minuti. Non credevo fosse necessario,avevo la mia quindicina di demo e tanto mi bastava per mandarmi(ci) in delirio. Fatto sta che l'album è uscito e ha venduto 350 mila copie in una settimana, battendo il record di "Definetely Maybe". Un album visto da molti come il primo capitolo di una lunga storia, quando in realtà non era altro che un meraviglioso epilogo di un'altra storia che purtroppo in molti mai conosceranno!

Un album che però mette in fila tutte le sue prelibatezze e le serve su un piatto d'argento al resto del mondo. Chitarre Franz Ferdinandiane, cantati rochi che prendono spunto dagli Streets di Mike Skinner, incorniciati da ritmiche e grooves molto Libertini sono la pietanza. Viene anche spontaneo pensare che sia stato proprio questo il segreto del loro rapido successo. Una perfetta amalgama delle più importanti correnti musicali britanniche degli ultimi cinque anni, le quali non avevano ancora trovato una vera e propria sintesi.

C'è spazio per le dolci e romantiche Mardy Bum e Riot Van, le epilettiche Dancing Shoes (di questa ora circola pure una versione in chiave cubana!),When The Sun Goes Down e I Bet You Look Good On The Dancefloor, ma in generale tutto l’album verte su un rock che ti afferra per il bavero e ti schiaffa a ballare e che parla di storie di tutti i giorni, di quotidianità,di cacca e disavventure,di prostitute e vampiri (tutti rispettabili abitanti di Sheffield!!!).Insomma, un ritorno al realismo all'alba di questo millennio che ci sta facendo perdere la strada maestra.

Massì, "Whatever People Say I Am, That's What I'm Not" parla proprio di questo, perdere la strada maestra e trovarci pure un certo masochistico gusto.

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Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 51 voti.

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Marco_Biasio (ha votato 6 questo disco) alle 15:02 del 2 marzo 2007 ha scritto:

Tu dici?

A me sembra proprio una FURBISSIMA operazione commerciale. I pezzi sono tutti suonati con incazzamento adolescenziale, ma... vanno bene una, due, tre volte. Poi è passato già tutto. Sufficienza.

Giaduzza (ha votato 9 questo disco) alle 20:46 del 26 luglio 2007 ha scritto:

Pietra miliare dell'indie

De gustibus, ma di questo album non posso che dire cose buone!

Mitiche Scimmie Artiche...è se è commerciale, bè, who cares!

Neu! (ha votato 6 questo disco) alle 22:53 del 2 novembre 2007 ha scritto:

quoto Marco Biasio

Brian Storm (ha votato 8 questo disco) alle 17:34 del 10 novembre 2008 ha scritto:

ok

ottimo album....ottimo esordio

H2O_LUCA (ha votato 10 questo disco) alle 12:51 del 27 aprile 2011 ha scritto:

Sea

TOP!

Alfredo Cota (ha votato 7 questo disco) alle 13:07 del 27 novembre 2011 ha scritto:

Colonna sonora adolescenziale

Brett (ha votato 6 questo disco) alle 16:04 del 16 novembre 2012 ha scritto:

Cristo, 8 è tantissimo, gli arctic monkeys sono molto migliori nel secondo e nel quarto album (il secondo ha qualche buona traccia ma lo ho trovato tutto identico, una ripetizione assoluta), a questo disco darei una sufficienza o poco più, soprattutto per pezzi di figata quali When the sun goes down e fake tales from san francisco.

alekk (ha votato 7 questo disco) alle 13:37 del 5 dicembre 2013 ha scritto:

album carino che si ascolta con piacere,ma siamo su un rock adolescenziale easy listening. Tutto fatto e costruito per avere successo. Piacevole comunque

zagor (ha votato 7 questo disco) alle 13:56 del 5 dicembre 2013 ha scritto:

"when the sun goes down"; "fake tales of san francisco" e "i bet..." sono tre grandi pezzi, tra i loro migliori in assoluto, raramente hanno ripetuto simili iniezioni di adrenalina ( forse solo in "teddy picker" e "r u mine"). in humbug e suck it and see ad esempio non c'era niente di paragonabile.

Lepo (ha votato 6,5 questo disco) alle 14:56 del 6 dicembre 2013 ha scritto:

Ci metterei anche "Brianstorm", forse la più adrenalinica in assoluto. Comunque i due album che hai citato hanno effettivamente approcci ben diversi rispetto ai primi due, mi sembra ovvio che non presentino la stessa irruenza adolescenziale dei primi pezzi.