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R Recensione

7/10

Jack White

Blunderbuss

Jack White è stato (ed è) l’icona rock per eccellenza dell’ultimo decennio. Uno dei pochi in grado di preservare l’autenticità e al contempo rendere attuali certe sonorità classiche nell’era del post-moderno obliquo, trasversale, tritatutto. L’unico rocker della sua generazione a potersi definire anche una vera rockstar (al contrario dei pur eccellenti ma meno vistosi Black Keys, tanto per fare un paragone), nell’accezione non tamarra, fossile ed “osborniana” del termine, cioè. L’unico capace di brillare tanto di luce propria, quanto di luce riflessa. Per la sua personalità (extramusicale) e per la sua creatività. Creatività instancabile e insaziabile che lo ha portato a capitanare anche tre gruppi contemporaneamente (White Stripes, Racounters e Dead Weather pur nell’inedito ruolo di batterista) e ad immergersi alacremente in una miriade di collaborazioni e progetti estemporanei. Con qualche alto e basso, ve lo concedo, ma ad avercene. E allora: play it again, Jack. Mr White continua imperterrito a suonare la sua canzone sfruttando tutte le (limitate) variazioni che il tema prediletto gli consente. Arriva così il momento del primo disco a suo nome (solista un po’ lo è sempre stato) intitolato “Blunderbuss”. Un album, ci tiene a precisarlo il buon Jack, che è il più naif e personale mai pubblicato fin qui. E in effetti, pur rimanendo fedele a se stesso nei generi e nei suoni di riferimento, un certo scarto rispetto al passato si nota, come pure la voglia di lasciarsi andare in direzioni più eterodosse. Concepito e realizzato in larga parte da solo (suonando praticamente tutti gli strumenti) ma rimpolpato da una folta schiera di session man di ottimo livello, “Blunderbuss” denota, sul piano formale, una maggiore ricercatezza negli arrangiamenti, un uso estensivo e smagliante del piano, sia dal punto di vista ritmico che armonico, che si affianca degnamente ai ruvidi e stentorei riff di chitarra che sono un po’ il suo marchio d’autore, oltre ad una batteria più spessa e dinamica (non che ci volesse molto, almeno rispetto ai White Stripes). Ad incartare con dovizia il tutto una produzione asciutta e vintage curata, manco a dirlo, dallo stesso White. Che nella parte finale ci riserva anche qualche ghiotta stravaganza. Ma andiamo con ordine.

Come sempre nei dischi di White (come in ogni disco rock degno di questo nome, in verità) la differenza la fanno le canzoni, il loro pathos crudo e istintivo, la qualità energetica con cui sopperiscono ai limiti di stilizzazione e del già sentito (neanche la musica fosse la sua bobina Tesla, come in quell’episodio del film“Coffee And Cigarettes”). Così se le iniziali “Missing Pieces” e “Sixteen Saltines” ricordano abbastanza da vicino gli ultimi White Stripes - la prima è un bluesaccio stonesiano nel senso buono, la seconda un tormentone chitarristico dei suoi e una hit potenziale - presto White dimostra di sapersi scrollare di dosso gli allori e le ombre del passato lanciandosi con l’entusiasmo di un ragazzino e l’esperienza di un musicista ormai nel pieno della maturità nel talkin’ punk-blues di “Freedom At 21”, nel groove irresistibile di “I’m Shakin’”, sorta di jump-blues con coretti femminili doo-wop anni 50 e nell’incedere campagnolo e un po’ southern di “Trash Tongue Talker” che sfocia in un assolo pianistico quasi berryano. Anche nei pezzi acustici, nelle ballad agre e imbronciate che ben gli conosciamo, l’album riserva note più che positive: le belle e amarognole “Love Interruption” (clarinetto e voce femminile in sottofondo) e “Blunderbuss” (per slide e violino country) traspirano solitudine outlaw un po’ alla Gram Parsons, mentre in “On And On And On” prevale un intarsio delicato e atmosfere da roots-pop nashvilliano di classe. E intanto, pur rischiando di perdere qualcosa in fatto di coesione, più i minuti passano più le soluzioni si fanno insolite e spiazzanti (per i suoi standard): il country scentrato, ubriaco e barcollante dell’orecchiabile “Hip (Eponymous) Poor Boy” e dello stornello schizoide “I Guess I Should Go To Sleep”, il riff hard e sgranato alternato a solenni volèe pianistiche di “Keep Themselves” (non il brano più riuscito, in effetti) fino alla chiusura in bellezza con l’imprevedibile “Take Me With You When You Go” che parte swingante a ritmo di violini e dopo due minuti circa diventa una specie di freak-funk alla Parliament/Funkadelic con Jack che gracchia in un falsetto quasi disco.

Un disco per chi sa ancora sorprenderti e sorprendersi suonando la stessa canzone (laddove in realtà siamo noi ad essere diversi). Hit the road, Jack…e torna più presto che puoi.

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Voto degli utenti: 7,2/10 in media su 17 voti.

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crisas (ha votato 5 questo disco) alle 13:02 del primo maggio 2012 ha scritto:

Si vede che il buon Jack è in fase calante ... ci sono un bel pò di minestre riscaldate. Però è sempre Jack White ed il livello è accettabile.

rdegioann452 (ha votato 8 questo disco) alle 15:57 del primo maggio 2012 ha scritto:

ma io non penso sia in fase calante, anzi. questo è un jack white che per così dire si prende molto più sul serio, con molta più ambizione rispetto ai "passatempi" dead weather e raconteurs. a me è piaciuto molto. "sixteen saltines" mi piacerebbe diventasse una hit alla radio perché sarebbe tre spanne sopra le varie "paradise" e compagnia.

Emiliano alle 21:49 del primo maggio 2012 ha scritto:

Ottima recensione. Il ragazzo sembra un pò spaesato a 'sto giro però, un pò stretto nei confini del genere, e certi picchi di audacia fanno storcere il naso (almeno a me). Forse (ma foooorse ) avrei preferito un pò di manierismo. comunque ok.

gigino (ha votato 8 questo disco) alle 8:44 del 2 maggio 2012 ha scritto:

genio

Jack White III è uno dei pochi geni musicali ancora in circolazione. Non ricordo un suo disco brutto ed anche questo non è male. Forse un po' troppo "vario", ma senz'altro più che buono.

swansong alle 11:13 del 2 maggio 2012 ha scritto:

RE: genio

???? Le canzoni postate qui sopra sono genialate? Quanto fatto in carriera da 'sto qua sono genialate? Sì, certo, tanto quanto quelle dei redattori, lettori e pseudo-opinion leader della rivista musicale Rolling Stones, che, qualche tempo fa nella classifica dei migliori 100 chitarristi "all times", ha posizionato il qui presente genio, avanti gli sfigati, in ordine sparso, Mike Bloomfield, Mark Knopfler, Ron Asheton, John Cipollina, Brian May..ec ecc., e fin qui basterebbe vabbè,..ma poi ci sono, no dico: Robert Fripp, Frank Zappa, Pete Townshend, Ritchie Blackmore, Steve Howe, David Gilmour...e qui mi fermo, per decenza! Ma ci sarebbero, sempre dietro il buon po-po-po-po-po-po-poooo, Neil Young e Tony Iommi!

Totalblamblam alle 13:49 del 2 maggio 2012 ha scritto:

RE: RE: genio

LOL bello sfogo ci sta ma non eri tu che dicevi che anche le canzoni di Dylan non erano poi tutta sta gran genialata ed era meglio ascoltare le covers? dai è l'hype del momento tutta la tube sta tappezzata con sto disco e da holland c'è già stato...a me fa abbastanza cagotto quello che ho ascoltato ma spero che almeno ricky portera sia davanti a lui nella classifica stilata da rolling stones. quello si che sarebbe un sacrilegio.

swansong alle 16:42 del 2 maggio 2012 ha scritto:

RE: RE: RE: genio

Dai stoke, un pizzico di ironia ci sta ogni tanto no? Vale anche per Dylan, ovvio! Artista del quale non posso certo non riconoscere l'importanza e la caratura assoluta, che però non ho mai amato a causa della timbrica vocale da un lato e dell'eccessiva prolissità e ridondanza sia musicale che testuale dall'altro. Molti considerano un genio pure lui. Si può essere d'accordo oppure no, certo non mi sarei mai permesso di contraddire tale convinzione! Piaccia o no, Dylan parte della storia della musica l'ha scritta, White al massimo l'ha scopiazzata..parere personalissimo eh!

NathanAdler77 alle 23:53 del 3 maggio 2012 ha scritto:

RE: spero che almeno ricky portera sia davanti a lui

Quoto, Ricky Portera è un grande! Le classifiche che fa RS valgono quanto la laurea albanese di Renzo Bossi...

gigino (ha votato 8 questo disco) alle 8:20 del 3 maggio 2012 ha scritto:

RE: RE: genio

Parlare con i Riccardoni è sempre difficile.... Se parli di musica del 2012 ti irano fuori Elvis Presley !!! Assodato che la musica al giorno d'oggi non è all'altezza di quella anni '70 e nemmeno della prima metà degli anni '90, considerando che diventa sempre più difficile inventare qualcosa di nuovo, io ribadisco che Jack White III è una delle figure più eclettiche e capaci nel panorama musicale odierno. Paragonare lui a qualsiasi chitarrista "storico" è sbagliato ed improduttivo. Anche il "po po po po" è stato declassato da chi ne ha fatto un inno da stadio, ma la canzone in sè per me è geniale. Senza polemica, ma vi invito ad ascoltare ogni tanto un disco nuovo senza pregiudizi e continui riferimenti al passato (ed io sono uno che troppo spesso sono legato a ciò che ho ascoltato durante la mia gioventù).

rdegioann452 (ha votato 8 questo disco) alle 21:44 del 2 maggio 2012 ha scritto:

@swansong: ormai nn c'è più nulla da scrivere nella musica oggi. se non lo capiamo allora non dovremmo ascoltare nulla

swansong alle 15:08 del 3 maggio 2012 ha scritto:

Scusate, ma cerco di far chiarezza. Intanto il mio era un intervento con certo una base di convinzione (JW non ha inventato nulla e non lo considero un "genio"), ma anche con una forte dose di ironia (la fanzine RS la reputo semplicemente il peggio del peggio che si possa trovare in edicola per documentarsi ed approfondire criticamente la scena musicale). Ecco perchè, io per primo sorrido e non mi scandalizzo a vedere quelle pseudo classifiche, ci mancherebbe. Più che una critica al commento di gigino - e me ne scuso se così è stato interpretato - il mio era un maldestro spunto di riflessione. Sono d'accordo poi con rdegioann452 sul fatto che non si inventi più nulla con la musica (rock) di oggi. Per me creativamente ha dato tutto fra il 65 e il 75, poi, al massimo si è ben riproposto qualcosa del passato con piglio moderno. Alcuni artisti lo fanno meglio di altri, tutto qua. Per me Jack White non è fra questi. Ecco perchè mi sembra esagerato considerarlo un genio. Troverei più appropriato affibiare questa (esagerata) etichetta ad un personaggio come, per esempio, Steve Wilson. Ma qui il discorso sarebbe lungo e poi parlerebbe il fan e allora l'obiettività andrebbe a farsi benedire! Ciao!

NathanAdler77 alle 23:44 del 3 maggio 2012 ha scritto:

Passive manipulation

Jack è un bravo e furbo riciclatore, anche un po' bollito, i geni sono (stati) altri...Negli anni Novanta uno come Jon Spencer l'avrebbe preso a pedate.

Lezabeth Scott (ha votato 8 questo disco) alle 12:10 del 4 maggio 2012 ha scritto:

Per me è tutta invidia. Specialmente Swansong con i suoi vecchi carampani.

fabfabfab alle 12:33 del 4 maggio 2012 ha scritto:

Il disco l'ho ascoltato poco ma sinceramente non mi ha entusiasmato. Sul personaggio Jack White sono però d'accordo al 100% con Simone. Ridurlo al po-po-po dei mondiali significa aver conosciuto i White Stripes in quell'occasione, ed aver mancato 3 dischi hard-blues eccellenti: l'esordio, "De Stijl" e "White blood Cells". Anche "Seven nation Army" era e rimane un pezzo incredibile, il fatto che qualcuno abbia ripreso il coro per cantarlo allo stadio non cambia nulla... anzi una volta tanto allo stadio hanno cantato una roba decente e diversa da "faccelavedèfaccelatoccà". Non è che adesso i White Stripes sono quelli dei mondiali del 2006 (almeno non per me, che li ho conosciuti nel 2000), perchè altrimenti i Velvet Underground sono quelli della pubblicità dell'ENEL...

Sig.ROSSi alle 18:32 del 4 maggio 2012 ha scritto:

La storia del rock è fatta di geniali e furbi riciclatori!!

Jack White è assolutamente annoverabile fra questi!

Franz Bungaro (ha votato 8 questo disco) alle 15:25 del 27 novembre 2012 ha scritto:

Il classico disco che a distanza di un anno, si rivaluta e cresce. C'è tutto il percorso musicale dei White Stripes e di Jack White in particolare, dentro, più "nuovi" esperimenti secondo me riuscitissimi. Enciclopedico. Disco che resta.