Wolfmother
Wolfmother
Vengono dallAustralia: terra di garage rock, di canguri, e di nuovi talenti. Questi giovani Wolfmother dimostrano, con il loro primo album, che lo spirito zeppeliano non è mai morto. Per rendersene conto basta ascoltare le prime due tracce dellomonimo debutto: Colossal e Woman: voce alla Plant, chitarre alla Page, ed il gioco è fatto.
Si potrebbe cadere nellimpressione di un album scontato e simile a tanti altri usciti in questi anni, sullonda lunga dei vari Jet e The Vines (per rimanere in terra australiana) Ma ecco arrivare, a cancellare le ultime perplessità, una canzone come White Unicorn, che riporta alla mente i migliori Who ed il rock 70s, e, se ancora non bastasse, Pyramid, con la sua intro distorta e la batteria cavalcante di Myles Heskett che esplora sentieri prima prog rock e di seguito sabbathiani. Con Mind Eyes ci si avvicina a territori floydiani, con la delicata chitarra iniziale, che spinge sul finire verso il prog alla King Crimson, con un uso eccellente delle tastiere di Chris Ross. Joker & The Thief e Dimension trascinano sempre più lascoltatore, sino alla rock ballad, Where Eagles Have Been.
Ma i Wolfmother ci ricordano anche, con Apple Tree, che siamo nel ventunesimo secolo, prendendo spunto dai White Stripes, usando ritmiche veloci supportate dal tono tagliente del cantante/chitarrista Andrew Stockdale. Tales From The Forest Of The Gnomes ci riporta poi dritti alla zeppeliana Over The Hills And Far Away. Da segnalare anche Love Train contenuta come traccia bonus nelle versioni non australiane, un perfetto pezzo country rock.
Nel 2000 esistono ancora musicisti in grado di differenziarsi per tecnica compositiva e originalità, raccogliendo al meglio i frutti che il passato ci ha lasciato, e questa band australiana, a quanto pare, ha centrato l'obiettivo in pieno.
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