A Place To Bury Strangers
Transfixiation
Quarto disco per gli A Place To Bury Strangers, che continuano a non muoversi di un millimetro dalla propria formula di noise rock erede del post punk più nero e però stravolto da distorsioni sonore aliene. Limpressione è che Transfixiation, come già il precedente Worship (2012), faccia sentire molto, più che lacciaio delle corde, quello della gabbia dentro cui Oliver Ackermann e compagni si sono reclusi.
Qua i pezzi sono spesso schegge istantanee, dal minutaggio decisamente più breve rispetto al passato, per una specie di concentrazione ad altissima densità del rumore che crea, in effetti, momenti di abrasione insuperabile (Love High, scorticamento post punk sotto i due minuti; What We Dont See, apice melodico, come unimmersione nella pece noise di un pezzo C86; la furia di I Will Die; Im So Clean, quasi in stile Suicide), mentre stancano un po, nellipnosi delle linee di basso e nel martellamento del cantato, le più strascicate Weve Come So Far e Fill The Void.
Gli effetti sono concentrati sul suono delle chitarre, orrorifici quanto mai (Straight), ma, molto più che nel passato, anche sulla batteria, sferragliante e industriale per tutta la durata del disco. Fa eccezione linserto strumentale, con tastiere, di Lower Zone, che mostra possibili vie di fuga, tra psichedelia e post rock in acido, piuttosto interessanti. Dove i ritmi rallentano e la voce di Ackermann si fa catacombale, in compenso, il riverbero dei beat fa tremare le viscere (Deeper), per effetti che devono essere distruttivi in sede live.
Ecco, il fatto è che gli A Place To Bury Strangers sono sempre più una band da godersi dal vivo, lasciando girare in casa o nelle cuffie i primi due dischi, ben più meritevoli del paio successivo.
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