R Recensione

7/10

Black Dice

Load Blown

Il catalogo della Paw Tracks, label di proprietà degli Animal Collective, và ad arricchirsi nell’ultimo rimorchio del 2007 di un altro importante mattoncino portante nel consolidamento della propria identità, nonchè dell’immaginario espresso.

Piazzare ‘in vetrina’ un nome come quello dei Black Dice a fianco, oltre che delle produzioni di famiglia quali Panda Bear e Avey Tare & Kria Brekkan, degli sbullonamenti degli Excepter, del genio eremita di Ariel Pink nonchè delle camomillose prewar-folksters First Nation, è quasi una dichiarazione di intenti: spostare l’attenzione su sonorità istintive e innocenti, su (mi si perdoni la banalità) stati di coscienza alterati, su immagini burlesche.

Una ricerca della verginità pop, intesa diversamente dalla semplice ricerca del non sentito, bensì rivolta a risvegliare quella vitalità primigenia che ha contribuito a far nascere leggende come, per far solo un esempio, i Beach Boys negli anni sessanta.

Ecco allora la Paw Track come un ponte chimerico ( e notevolmente lisergico) ad unire le ostiche sponde del magma noise contemporaneo, l’acid folk untradrogato di etichette come Ultra Eczema e quello bucolico di scene quali la New Weird Finland, le derive tribaloidi e primitiviste di Aa, Usa Is A Monster e di tutto il sottobosco psichedelico americano; con quelle frizzanti del pop da numeri importanti, o almeno quello a cui la maggior parte del pubblico indie è abituato ad accedere.

Unire avanguardia con popular; borderline eremiti a fianco di ragazzi trendy informati sul nuovo Animal Collective dal blog in voga, hippy stralunati a fianco di strani personaggi con la maglietta degli Spacemen 3.

L’amicizia che lega ‘il dado nero’ al collettivo animale è ormai di lunga data, ma il segnale concreto di un definitivo avvicinamento tra le due entità si è avuto qualche mese fa, in occasione dell’uscita di ‘Hermaphodite’ del leader Eric Copeland: dodici tracce che si differenziavano dall’ oscuro passato per un accentuato senso di malsana solarità che invadeva una sorta di neo-tribal strampalata, marcette spastiche a braccetto di voci ultraterrene; la lava noise che da mitragliatore impazzito alla Lighting Bolt si tramuta in qualcosa di più affrontabile, ma ugualmente angoscioso: coltello affilato nelle mani di un demente gioioso.

Difficile ipotizzare se la permanenza alla Dfa di James Murphy sia stato il principale contributo all’iniezione di ritmo e fluidità dance-punk, fatto sta che ‘Load Blown’ prosegue, e se possibile accelera, il percorso di evoluzione intrapreso sin dai primi vagiti dalla band new yorkese.

Ecco così che è possibile ascoltare gli Orb che cercano di tirare fuori qualcosa (riuscendoci) da un mucchio di sintetizzatori vintage presi a badilate in ‘Roll up’; gli scheletri che ballano impazziti su ritmiche 8-Bit-Punk di ‘Gore’ e ‘Manoman’;

le oscillazioni da derby asilo nido contro reparto psichiatria di ‘Bottom Feeder’; le oscillazioni della swingante ‘Toka Toka’ coi suoi bassi brucia woofer in stile Kompakt; l’intelaiatura sonora di 'Cowboy soundcheck’ dove si riconosce aldilà del muro lo stesso tramonto che tanto ha incantato gli Animal Collective.

Insomma, lo si trova nello scaffale del noise, ma si sarà ormai capito che ‘Load Blown’ è molto di piu che mero rumore alla Wolf Eyes.

Ci si chiede già cosa tireranno fuori per il prossimo album.

Intanto è vietato perdersi il tour, che toccherà anche l’Italia in Marzo.

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 1 voto.
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