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R Recensione

6/10

AA. VV.

Welcome To The Twisted Cabaret Vol. 1

Cabarettistico vale, nell’accezione più usata, buffonesco, ridicolo, con tanto di retrogusto dispregiativo. Ma proprio del cabaret primigenio, in realtà, è anche l’elemento demistificante, il piglio esorcistico nei confronti dei propri fantasmi e dei vizi del mondo, tanto che volentieri lo spettacolo si fa ‘twisted’, ossia – etimologicamente – ‘perverso’, e pure ‘pervertito’ (la variante burlesque oggi in grande rispolvero). Si drammatizza, insomma, ma tingendo il male di farsesco, e, soprattutto nel cosiddetto dark cabaret, dove l’umorismo nero è debordante, spiattellandolo con più intensità fino a denudarlo del suo carattere alieno. In chiave parodistica, insomma, si rivive la perversione.

Questa compilation di diciotto brani con fil rouge cabarettistico, alternando pezzi storici a molte chicche recenti, opera una ricognizione gustosa e, verrebbe da dire, necessaria, in tempi di sepolcri imbiancati imperanti. Malgrado si susseguano, tra le pieghe dei vari pezzi, almeno due diverse anime, una vaudevilliana e volutamente giocosa e un’altra più torva e noir, il disco procede piuttosto compatto, e riserva alcune sorprese niente male.

Tra i mostri sacri aprono The Tiger Lillies, con una dissacrante “Start a Fire” che è esaltazione in salsa goth-folk della piromania, ma piace ben di più il dialogo piano-archi di “The Earlie King”, con un’interpretazione sontuosa di Baby Dee, già collaboratrice di Antony e Current 93. Dai recessi più sperimentali del genere emergono i Residents teatrali di “Gingerbread Man” (1994), con una “The Dying Oilmanbrechtiana fatta di pura inquietudine; più classiche, invece, Little Annie (già Annie Anxiety Bandez, paladina pioneristica dell’industrial) e la sua ballata da Dusty Springfield sopra le righe costruita su piano e aria da musical. Ma a spiccare sono senz’altro i The Legendary Pink Dots, cult-band anglo-olandese tra avanguardia e psichedelia: “Man Or Mouse” è un lied di scuro ipnotismo fenomenale, dove alla fine possono convivere violini e muggiti (!). Apice.

Non tutto il materiale recente è altrettanto efficace. Paradossalmente sono proprio le punte di diamante a deludere un po’. Dei Dresden Dolls viene scelta una “Bank Of Boston Beauty Queen” piuttosto sciapa, e pure il vaudeville anni ’30 a nome Evelyn Evelyn (“Have You Seen My Sister Evelyn?”) è tanto spumeggiante quanto insipido: trattasi di un side project della dresdendollsiana Amanda Palmer in compagnia di Jason Webley sul destino di due sorelle siamesi. Vintage puro, ma sterile: forse ha più senso nel flusso del disco originario. Non delude, invece, il brano di The Real Tuesday Weld, che su una ripresa fifties tutta in bianco e nero ha fondato l’intera sua discografia: questa “The Sweetest Songs” è una soffice ballata in ¾ con tanto di fruscii da vinile e una deliziosa glassa da antique shop. Eccellente.

Ce n’è, insomma, di materiale. E la provenienza è quanto mai disparata. Dallo stomp zingaresco di Budam (“Da Da Da Die”), dalle Isole Far Øer, a una sorta di Kusturica ceco (Aranos, “New Guitar”: chitarra, violino e voce roca), attraversando l’Olanda (De Kift), la Francia (Katzenjammer Kabarett, The Maxi Monster Music Show: purismo da chansonniers parigini) e il Giappone: assurdo il pezzo delle Kokusyoku Sumire, delirante tango balcanico-nipponico (!). E l’Italia? C’è. Con Marcella Puppini, bolognese trapiantata a Londra e protagonista, in compagnia delle Forget Me Nots, di tour inglesi calorosamente accolti: estroversa opera barocca, con una gran voce.

Un’ultima perplessità: le ultime due tracce provano a far vestire allo spirito del dark cabaret le taglie della musica di oggi, tra elettronica e cenni hip-hop. Ne esce che il genere, così agghindato, non funziona. Molto meglio l’interpretazione punk-espessionista dei Dresden Dolls o il puro antiquariato e la ripresa filologica, come molti nuovi autori fanno qui. Anche se uno stile che non può evolvere ed è costretto a rimanere museo sembra destinato a un eterno esilio in nicchie appassionate ma tremendamente elitarie.

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