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R Recensione

6/10

Amari

Poweri

Vi limiterete a scrollare le spalle, o ad emettere un qualche risolino, ma io ve lo garantisco: c’è un disco degli Amari per ogni biennio. Una sequenza straripante. “Gamera” è il classico, piccolo passo per l’uomo appena accennato su di una superficie scoscesa: “Grand Master Mogol”, cangiante capolavoro che nessuno si aspetterebbe, si traduce in hip-pop – non è un errore di battitura – di altissimo livello; “Scimmie D’Amore” rappresenta, di fatto, una mancata occasione di crescita ed evoluzione. Il nodo cruciale passa di qua: mentre il suo predecessore avrebbe voluto agganciarsi ad un’orbita artisticamente sopraelevata, non riuscendovi per mancata ubiquità, “Powerinon vuole essere il lavoro della svolta e preferisce, per così dire, intrattenere. Ecce homo, una volta per tutte: gli Amari del divertissement fine a sé stesso.  

Senza aver bisogno di storcere il naso per i continui ottovolanti qualitativi degli scimpanzé friulani più elettro-pop del 2007, possiamo dunque leggere i quindici brani del disco come un godibile passatempo, un vellutato sottofondo con una punta di acuminata furbizia, anche la colonna sonora più easy listening e sfrontatamente revivalista di un autunno tutto giocato sul filo dell’assalto dancefloor in Rayban e sneakers logorate. Calembour funk in 4/4, quadrati e variopinti (“Acqua Di Joe”), piccole delizie pop direttamente dalla cesta ittica del “maestro” (“Cronaca Vera”, filastrocca in vocoder un po’ sciocca), addirittura l’attacco di “Smells Like Teen Spirit” parodiato, fra elettronica e chitarre glam anni ‘80, nel ritornello di “Girls On Vodka”. Un microcosmo nerd in cui tutto funziona alla grande, con basi leggere e ben poco impegnative (“Gli Anni Dei Monitor Accesi”: frizzante risposta Oltrepo ad “Arrivava Via Internet La Sera” di Vasco Brondi?) e forti ripescaggi nel criticamente adulante passato, ben architettato (“New People In Town”, è la nuova “Conoscere Gente Sul Treno”, indie-pop cosmopolita e periferico).

A pretendere, invece, una linea di continuità con “Grand Master Mogol” ed un rigoroso filtraggio del materiale, francamente, non se ne esce vivi. Non solo perché la maglia degli accettori si è allargata a dismisura, inglobando da un lato molte più influenze ma essendo spesso incapace, dall’altro, di dare loro forma compiuta e direzione coesa – “Preservativi Ovunque” prende dello space, accenni di hardcore e tritura sopra la classica mannaia hip hop – ma anche perché, della caratura singola di quel periodo, rimane francamente poco. “Dovresti Dormire”, con le rime affilate di Dargen D’Amico, è forse la cosa che entusiasma maggiormente, in un mare di tanti episodi carini ma estremamente livellati fra loro (l’acustica adolescenziale di “Ho Fatto Un Po’ Di Casino”) o, addirittura, anonimi e scialbi (“Lost On The Sea”, i rallentamenti del solito synth pop anglofono di “Tiger”).

Ci teniamo questi Amari, allora, masticando dolceamaro ma non dimenticando, tra un lustrino e l’altro, di avere a che fare con gli autori di “Bolognina Revolution”. Sarà per un’altra volta (will we see you in 2011?), magari sul ritmo trascinante di “Your Kisses”, Architecture In Helsinki in un menage à seven con Corona. Giacché, anche se non vorremmo mai ammetterlo, di questa roba c’è sempre un po’ bisogno.

 

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