El Topo
Pigiama Psicoattivo
Per pensare di coniugare in maniera efficace tanti generi diversi tra loro come post-rock, jazz, elettronica e psichedelia krauta ci vuole una dose davvero grossa di autostima oltre che una competenza culturale-musicale superiore alla media. E quando anche uno riuscisse ad assommare queste qualità potrebbe sempre correre il rischio di cadere in un ipertecnicismo aristocratico o noioso fuori dal contatto con l’ascoltatore.
Bisogna dare atto agli El Topo di aver fatto quadrare perfettamente il cerchio e di essere riusciti a superare tutti questi ostacoli dando alla luce un dignitosissimo disco che se non può essere elevato al rango di eccellenza lo deve solo a un’improvvisa perdita di ispirazione in alcune composizioni.
Composizioni che poi è anche facile individuare nella parte finale del disco che al di là di piccoli sprazzi funk-wave (Errore meccanico), lievi incrinature noise (Crew’N’C) e assoli be-bop (Macinino) sembra assestarsi su un post-rock spesso in bilico con un’ambientronica non particolarmente incisiva.
Ciò non toglie che il resto del disco sia più che notevole, a partire dalla roboante partenza di Tosca, fusione fascinosa di elettronica, jazz be-bop e psichedelia krauta. È anche e soprattutto l’alternanza di ritmi il pregio di buona parte del disco: la successiva Sonics infatti parte in maniera soft in un’andatura che dapprima si barcamena tra ritmi trip-hop avvolti in nubi psichedeliche e in seguito scorre in un avvolgente drum’n’bass appena speziato di inserti jazzati.
L’inizio di Seicento giri carico frontale è invece soffocato fino ad essere quasi claustrofobico. Si ritrovano in seguito delicate escursioni jazzate catapultate in sonorità elettroniche aliene alla Amnesiac.
La traccia omonima è invece un esempio di psichedelia soft neanche troppo distante da un certo tipo di kraut-rock atmosferico in voga nei ‘70s, perlomeno prima di lanciarsi nei ‘90s subendo l’influenza della Scuola di Chicago (Tortoise) e di un certo tipo di elettronica di quel decennio (Amon Tobin, Autechre).
Insomma che sia elettro-jazz minimale (Telegraph Dakar) o stramboide e funkettone (Scelsi) le scelte del quartetto romano convincono. E a rischio di snobbare i numerosi ospiti più o meno prestigiosi che hanno collaborato al disco vorremmo fare i complimenti soprattutto al quartetto base formato da Adriano Lanzi, Omar Sodano, Andrea Biondi e Francesco Mendolia.
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