R Recensione

8/10

Paradise Lost

Host

Nick Holmes dichiarò ai microfoni di numerose riviste del settore (specialmente heavy metal per ragioni scontate) che era certo del fatto che molti giornalisti avevano già pronta la recensione del loro ultimo disco già molto prima che uscisse e che c’era sicuramente scritto che era una banale copia di un disco dei Depeche Mode. Non sappiamo, di certo, se qualcuno lo abbia recensito senza ascoltarlo, ma di sicuro le folle di giornalisti desiderosi di recensire i Paradise Lost non sono mai esistite. Ma non è tutto: le affinità con il succitato gruppo di Gahan e soci è evidente per chiunque.

Nonostante questo, nonostante l’abbandono definitivo (almeno fino a questo punto) del suono gothic doom che aveva caratterizzato alcuni dei loro dischi più importanti, nonostante l’abbandono del bellissimo logo in favore di un monicker piatto e anonimo e, infine, nonostante l’abbandono da parte di numerosi fan della band, Host è il disco meglio riuscito del “secondo periodo” del combo inglese.

Raffinato più che il precedente One Second, il disco si apre con i pesanti innesti elettronici che distorcono prepotentemente il suono. So Much Is Lost mette subito in chiaro le cose: elettronica pop-oriented e testi che non lasciano alcuna ombra di ottimismo; almeno in questo, nessun fan verrà deluso. Se Nothing Is Sacred sembra un brano appartenente al disco precedente per sonoro e composizione, In All Honesty ritorna su suoni più morbidi e orecchiabili, ma, nonostante ci sia nientemeno che la EMI dietro questo piccolo gioiello, non si tratta affatto di brani commerciali e “svendibili”: anche se alcuni brani sono addirittura passati attraverso canali come MTV o alcune radio blasonate, il momento è stato solo lo strappo di un cerotto, soprattutto qui in Italia, dove il nome della band continua a raccontare ben poco. Distinguere in modo particolare i brani di questo disco, in effetti, non è cosa da poco; ma se questo tipo di omogeneità è una velleità di chi cerca più il favore della critica, che della band, in un disco di elettronica contraddistingue l’atmosfera, la cosa forse più importante.

Ciò non deve necessariamente significare che manchino brani di particolare pathos, Permanent Solution è un brano di eccelso songwriting e notevole impatto, come la successiva Behind the Grey, armonioso brano contraddistinto da un climax tutto “lostiano”. Ma i veri due gioielli, a nostro parere, sono Made The Same, il cui riff sembra aver ispirato un brano contenuto nella colonna sonora del videogame Silent Hill (considerazione del tutto personale, sia chiaro), dove sentiamo nitidamente il vocalist dichiarare : “...if you think you’ll live forever, your game is already lost...” e, soprattutto Year Of Summer, brano ossimoro che vede il richiamo all’estate contrapposto all’eterno autunno dei testi dell’accoppiata Holmes/Machintosh (“...this sadness is my own...”).

L’heavy metal è un pallido ricordo, ma nel loro coerente pessimismo e nella negatività che ha fatto della band il proprio cavallo di battaglia i Paradise Lost sguazzano con pervicace masochismo, confezionando un prodotto di innovativa e innegabile genuinità. Irripetuto colpo da maestri.

V Voti

Voto degli utenti: 6/10 in media su 3 voti.
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Lux 3/10
luca.r 7/10

C Commenti

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Lux (ha votato 3 questo disco) alle 20:02 del 17 aprile 2008 ha scritto:

Perdonami, ma secondo me il disco è impresentabile...

IT, autore, alle 20:43 del 17 aprile 2008 ha scritto:

perdonato .

ora è da vedere se sei un metallaro oppure un new waver

Lux (ha votato 3 questo disco) alle 21:48 del 17 aprile 2008 ha scritto:

Sono un metaller davanti a un bel disco metal e un new waver davanti ad un bel disco new wave! ahah

IT, autore, alle 22:34 del 17 aprile 2008 ha scritto:

bravo.

per me questo disco resta bellissimo. atmosfere che non avevo mai sentito. forse davvero simile ai Depeche Mode ma, per me, più godibile: triste e malinconico, con Year Of Summer uno dei pezzi più belli che abbia mai sentito.