U2
How to Dismantle an Atomic Bomb
Oh che bello un altro album degli U2! Viva gli U2! Viva Bono! Tutti felici e contenti? Beh non so voi ma io non lo sono per niente. Non lo sono perché come molti di voi sono stato un grande ammiratore del gruppo irlandese che ritengo essere stato per almeno un decennio uno gruppi fondamentali del panorama musicale (si parla degli anni '80 sicuramente ma anche parte degli anni '90, almeno fino allo splendido Achtung baby). E vederlo ridotto così ora non mi fa per niente piacere. Il paragone più diretto per analogie cronologiche che viene da fare è con i R.e.m.: dopo anni e anni di grandi successi si perde quel qualcosa in più che dava la linfa, che permetteva di stupire e divertire o anche di emozionare. E quando si arriva a questo punto o ci si svende o si smette. Gli U2 si svendono.
Dopo Pop (1996) gli U2 hanno realizzato solo due album studio e svariate raccolte e live. Ormai sono un gruppo adagiato che va avanti per inerzia. E per quanto Bono dica belle parole è un dato di fatto che gli U2 sono solo una fabbrica produci-soldi e non hanno più nulla della carica ribelle ed esplosiva di un ventennio fa. Forse coscienti di questo i quattro ragazzoni da All that you can’t leave behind (2001) hanno svoltato verso un “ritorno alle origini” che in realtà non si tratta altro che di un ritorno a un rock tradizionale che però manca di tutte le caratteristiche positive degli esordi di Boy, War e October.
Di fatto ci troviamo di fronte a musica ampollosa, fine a sé stessa, assolutamente inutile. E allora ecco che tentano di propinarci Vertigo facendocela passare come la Sunday Bloody Sunday del nuovo millennio. Ma io non mi faccio mica fregare. Che vadano a rifilarla ad altri questo power-pop stantio. Miracle drug ricorda i bei tempi di Joshua Tree e riuscirà forse a far cadere qualche lacrimuccia ai vecchi fan per lo sforzo considerevole ma lodevole di Bono di elevare il timbro vocale ai tempi passati.
Sometimes you can’t make it on your own, dedidata al padre di Bono scomparso nel 2001 è uno dei pochi brani davvero belli dell’album. Love and peace or else è un’energia pomposa del tutto insulsa. City of blinding lights è invece proprio una bella canzone, ma bella bella, degna dei vecchi tempi; riesce a far quadrare perfettamente un basso tamburellante (scuola Clayton) e un rediviva ottima chitarra (lo stile The Edge che torna alla ribalta). All because of you fa capire che lo splendido pezzo precedente era solo un’eccezione. Si rimane a galla grazie alla maestria di The Edge che distrae con assoli di ottima fattura dall’imbarazzante ragliare di Bono. A man and a woman è una ballata che cerca di essere troppo ballabile e riesce invece a procurare molti sbadigli, così come la fiacca Crumbs for your table. Rock barocco per mummie ammuffite. One step closet vorrebbe essere un’epopea carica di pathos ma non riuscirebbe a emozionare neanche una madame Bovary qualsiasi. Original of the species e Yahweh non aggiungono niente di nuovo e contribuiscono ad abbassare ulteriormente il livello dell’album.
Insomma l’ho già detto implicitamente: gli U2 farebbero bene a sciogliersi. Non hanno più niente da dire e più che riuscire a infilare un paio di pezzi buoni ogni album non possono fare. Un album come questo How to Dismantle an Atomic Bomb sarebbe passato con ogni probabilità completamente inosservato se non fosse stato realizzato dalla band più famosa del pianeta.
Io continuo a pensare che il pianeta ora come ora avrebbe diritto a qualcosa di meglio.
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