R Recensione

7,5/10

Clara Kindle

Moors

La scena sotterranea di Brighton oggi è illuminata da un’etichetta interamente do it yourself che si chiama Woodland Recordings e che, oltre a produrre i dischi artigianalmente superando di rado le cento copie per opera e ricorrendo volentieri a pregevoli manifatture artigianali, ha il pregio di promuovere split, incroci, collaborazioni, lavori collettivi tra le proprie band con ritmo vorticoso. L’esito è una galleria di artisti che si coagula attorno a una linea musicale omogenea con arricchimenti reciproci.

Fai-da-te musicale significa, nella fattispecie, registrazione su cassetta, «home tape is music» essendo il motto della Woodland. Il nastro raccoglie rumori, voci spettrali, echi che sanno di scantinati, effetti naturali, sgocciolii, e sopra, mediamente, un folk lacustre dalle tinte scure, pieno di ipnotismi, meandri umidi, sfocature musicali. C’è Jandek mixato dagli Einstürzende Neubauten, è Boduf Songs in esilio tra le paludi assieme ai Black Heart Procession.

Di Birdengine si è già parlato su queste pagine, mentre qui è in ballo Daniel Michael Clark, alias Clara Kindle, che del primo è amico e collaboratore (in uno split-album targato Woodland e chiamato "Trunk") e che ha ceduto qualche pezzo sparso a compilation dell’etichetta. Questo Ep autoprodotto di dieci tracce, tra interludi strumentali e pezzi cantati, offre trenta minuti di folk nebbioso da brividi. Clark predilige al cantato un parlato abbattuto e quasi indolente che a tratti si alza a disegnare melodie esilissime, come in brevi intermezzi sognanti che spezzano la malattia; sotto, arpeggi ripetitivi, sostenuti da fruscii e vaghe intrusioni strumentali simili piuttosto a rumori nella foschia. Lo-fi spinto.

Così i battiti minimali che accompagnano “Heart-Snatcher”, capolavoro dell’Ep, sono, piuttosto che colpi di grancassa, tallonate a un pavimento in legno. Tutto il disco, in realtà, vuole dare un’idea di claustrofobia in seminterrati, e così l’acqua che segna il passaggio tra le due parti di “Old Man Of The Lake” fa scivolare l’ascolto in abissi tenebrosi e stagnanti. Straordinariamente evocativa la “Part I”, il cui arpeggio martellante conduce ad allucinazioni nere, approfondite dai duri rimbombi e dai brusii della “Part II”.

Non è un (post?) folk di sola voce e chitarra, insomma, quello di Clark. Organo, disturbi, rumorismi un po’ ambient un po’ industrial (o, meglio, ‘agrarian’), si intromettono ovunque (in “Birdsong” dominano, in mezzo a cinguettii e larsen metallurgici taglienti), tra tangenze con il folk più ossianico (i Crippled Black Phoenix nei cori nordici di “Beast Of The Field”) e onirismi kraut (“Moors”, che ha qualcosa dei Kraftwerk di “Radioactivity” applicato al folk). L’impressione è di avere tra le mani un lavoro pulsante, che cerca la sperimentazione con mezzi minimali; il packaging, disegnato e fatto-in-casa da Clark con materiale di riciclaggio e vecchie foto riusate, conferma e avvalora.

Scendere in cantina vale la pena.

V Voti

Voto degli utenti: 6,5/10 in media su 4 voti.
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rael 6/10
Zorba 10/10

C Commenti

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fabfabfab (ha votato 7 questo disco) alle 22:29 del 12 maggio 2009 ha scritto:

Il disco intero non l'ho sentito, che a conquistare certe perle rare bisogna essere bravi ricercatori. Quello che si sente sul Myspace di questo folk-singer da sottoscala mette i brividi. Talmente nudo da essere imbarazzante. Complimenti al Targhetta per averlo scovato e invitato ad uscire dalla cantina.

target, autore, alle 14:24 del 13 maggio 2009 ha scritto:

Perla rara davvero! Le copie stampate, tutte fatte a mano da Clark, sono state 30: ovviamente esaurite... Tenetelo d'occhio, comunque. E' un giovanissimo (8 in gamba.