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R Recensione

7/10

Appino

Il Testamento

E’ uscito da pochi giorni il disco de La Notte dei Lunghi Coltelli, il progetto solista di Karim Qqru degli Zen Circus, ed ecco che anche la voce della band toscana (che resterà ferma per tutto l’anno) si cimenta con il suo esordio da solista. Un disco che rappresenta una conferma delle grandi capacità di scrittura di Appino, ma anche una sorpresa. Registrato con l’aiuto di una vera e propria super band composta da Giulio Favero e Franz Valente de Il teatro degli orrori, e Enzo Moretto degli A Toys Orchestra, Il testamento mette in luce i pregi che ormai unanimemente si riconoscono all’autore, a cui unisce degli spunti compositivi interessanti e nuovi, sia per i testi che per la musica.

Iniziando dalle conferme, dice già tutto la title track dell’album, Il Testamento, una classica ballata in “stile Appino”, un pop che ti prende al primo ascolto e non ti lascia più, con un testo splendido (pare ispirato dalla vicenda del regista Mario Monicelli) in cui si tirano le somme di una vita prima del gesto finale, rivendicando l’aver sempre scelto da che parte stare, pagandone le conseguenze (ho scelto tutto quello che volevo fare / ed ho pagato ben contento di pagare / perché la scelta in fondo è l'unica cosa / che rende questa vita almeno dignitosa / e quindi scelgo di saltar dal cornicione). Una visione del suicidio non come atto di arresa, ma come scelta estrema di libertà (ai benpensanti che lo trovano immorale / io ho scelto esattamente tutto quel che sono / senza la scelta io la vita l'abbandono / ho scelto tutto, tutto tranne il mio dolore / lo ammazzo io e non c'è niente da capire). Un gioiello di perfezione per musica e testo.

Uno stile compositivo che è ormai quasi un marchio di fabbrica di Andrea Appino, e che ritroviamo anche nella ballata pop I giorni della merla, nel rock di Fiume padre, che non può non ricordare le cose migliori degli Zen Circus, o nella ballad acustica La festa della liberazione, con cui l’autore si inserisce nel solco della grande canzone d’autore, e lo fa nel migliore dei modi, parlando di se, della sua famiglia e del proprio ambiente (in questo paesino di grandi repressi / pochi e squallidi amplessi / e tutti i maschi del paese son in tiro / nell’attesa si picchiano, per toccarsi un po’) e del bisogno di allontanarsene per ritrovarsi infine uguali ai propri padri (centrare un bersaglio è proprio quello che vorrei / come mio padre 34 anni fa, una vita ad allontanarlo / e poi diventare come lui).

Altrove emerge un Appino più introspettivo, quasi al limite dell’autoanalisi, come in Lo Specchio dell'anima dove indaga dentro se stesso su una musica elettronica con esplosioni quasi hard metal, o in Schizofrenia, uno scatenato punk hard core. In questi brani esce la vena più rock e dura dell'autore, che predomina sul lato più pop, e nel rock duro e spigoloso di Solo gli stronzi muoiono le melodie pop scompaiono del tutto per lasciar spazio a suoni che graffiano, carichi di elettricità. Sorprendono anche brani come la splendida ballad rock Tre ponti, piena di suoni e sonorità ’60 (diremmo quasi beat italiano), e Che il lupo cattivo vegli su di te, con il suo attacco rock pesante, il basso pulsante, i suoni carichi di elettricità, che a tratti può evocare certi C.S.I.

Perfettamente riusciti anche i brani dove il rock incontra la canzone d’autore, come accade in Fuoco! con la sua melodia cristallina, in Godi (adesso che puoi), e nella conclusiva 1983, un brano che si apre come una lenta ballata e si chiude su ritmi quasi dance, in cui Appino racconta la tragedia di una generazione che non ha saputo lasciare altro ai propri figli se non il monolocale in via Cavour (come ben sintetizzato da una felice battuta dell’attrice Angela Finocchiaro) e un paese fatto di schermi neri, facce stanche, indifferenza. Con la penna sempre intinta nel veleno, Appino dimostra ancora una volta di saper cogliere i difetti della nostra società, senza però nascondere i propri, con la consueta capacità di accostare testi crudi a melodie accattivanti, perfettamente capace di creare melodie contagiose, ma anche di cercare strade nuove per la propria musica.

 

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Voto degli utenti: 6,2/10 in media su 3 voti.
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KSoda 7/10

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