R Recensione

7/10

Farabrutto

Estremoriente Mediocre Occidente

Ho ascoltato per la prima volta i Farabrutto in occasione del Club Tenco del 2005, dove ricevettero il Premio SIAE / Club Tenco, riconoscimento dato all’artista emergente, il nome nuovo su cui puntano gli organizzatori del Tenco ogni anno. L’impressione fu quella di un ottima band a cavallo tra rock e canzone d’autore, ma sostanzialmente nella media delle produzioni del genere. Il nuovo cd, Estremoriente Mediocre Occidente, dimostra invece che gli amici del Tenco, come sempre, ci hanno visto giusto.

Si tratta infatti di un disco che sfiora il capolavoro. La prima cosa che colpisce, appena premi il tasto play del lettore CD, è la voce di Luca Zevio, perfetta, calda, espressiva, quasi da attore. La seconda cosa a colpire è la musica, tanto originale da risultare indefinibile, tra rock, canzone d’autore, folk, prog, improvvisazione. Tanto che qualcuno ha azzardato l’aggettivo zappiano, e non è andato tanto lontano dal vero. La terza cosa che colpisce, è leggere le note del cd, e scoprire che tutta questa musica viene prodotta con una strumentazione a dir poco anomala: chitarra acustica, mandolino, batteria. Un trio davvero formidabile.

Girasole apre subito in maniera originale il disco, per l’uso delle parole, colte, appropriate, poetiche, come poche volte capita di sentire nel rock italiano. La storia di un girasole, per raccontare in realtà la storia di ognuno di noi, alle prese con l’omologazione culturale che ci circonda. Molto interessanti anche le soluzioni musicali. L’uso di un italiano colto e ricercato torna anche in Gioia, un  testo originalissimo per significato, parole, linguaggio e un  grande solo di quella che sembrerebbe una chitarra elettrica, ma forse è solo (solo?) un mandolino.

Vivere è un rock, tirato, con una bella chitarra, e influenze della migliore improvvisazione rock, tanto da rischiare il paragone di cui si diceva sopra con Frank Zappa. L’improvvisazione torna in Streghe di città, dove il folk prog anni ’70 e l’improvvisazione rock creano un brano che riesce ad amalgamare in maniera sorprendente musiche e stili diversi.

Il lato più acustico dei Farabrutto lo troviamo in Contenimento, un brano  molto intenso (musicista del borgo ti prego, canta i dolori della mia gente) giocato su toni acustici, e in Madrefiume, dove i toni acustici cedono il passo all’entrata degli strumenti elettrici a metà brano, per chiudere con uno splendido il solo di chitarra nel finale. Ottimo il testo sulla disillusione.

Ma ogni canzone del cd meriterebbe una citazione, da Guerra, intro lento, su cui si appoggia la voce di Luca Zevio, con il solito linguaggio colto e ricercato (cucciolo d’uomo del boom italiano) ed echi di prog anni ’70, ma di quello migliore, a Con le gambe mie, intro lento acustico, per raccontare dei mostri sacri che dicono cosa fare, mentre tu vorresti solo camminare con le tue gambe. (come dire, poteri sentirmi bene, senza le catene).

Il lato più cantautorale affiora in Danza, un brano musicalmente  meno complesso, mentre c’è spazio anche per il quasi pop di Mondo degli elastici, altro bel testo con giochi di parole, rime ricercate e musica accattivante.

Chiude il disco Retorica, il testo più crudo del lavoro, una fotografia dell’oggi (tempo di soldatini prefabbricati, di sangue inutile sui selciati), un brano che ci racconta di un paese moralista e benpensante, di teste vuote, di carte di credito e sogni a rate, di diritti umani calpestati, ma anche di energie nuove che nascono dalla disperazione.

Un disco davvero splendido, che dimostra una ricerca musicale approfondita, che si accompagna ad un uso della lingua italiana altrettanto ricercato. Se con il disco precedente sono arrivati al Tenco per il Premio SIAE, con Estremoriente Mediocre Occidente, i Farabrutto hanno tutte le carte per tornare al teatro Arston come vincitori della categoria più importante, quella di disco dell’anno.

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