Le Vibrazioni
Officine Meccaniche
Premessa: Ancor prima di addentrarsi nella lettura della recensione, consiglierei ai nostri cari amici-lettori di non avere pregiudizio alcuno su Le Vibrazioni (come,stupidamente e ignorantemente, purtroppo accade nel mondo musicale italiano), poiché, al dì la dei gusti personali, rappresentano degnamente e meritatamente in studio e in primis dal vivo, soprattutto per il percorso di evoluzione avuto nei precedenti 15 anni di dura gavetta alle spalle aprendo i concerti dei vari Afterhours, Bluvertigo, una delle migliori Band professionistiche del panorama Rock nostrano. Buona lettura.
Officine Meccaniche: il momento che precede l'ascolto dell'intero album è incentrato sul suo titolo; al dì la dell'omaggio reso agli studi di registrazione milanesi di Mauro Pagani (Le Officine Meccaniche appunto) in cui è avvenuta la produzione dell'opera, il suo nome rende, ad un primo e brusco impatto, l'idea di un duro e sporco lavoro, di un disco ricercato,elaborato, evoluto, sudato nel tempo...così appare e cosi è realmente.
Questo concept album, registrato interamente e magistralmente su nastro analogico, dimostra come il Rock degli anni 70 possa sì essere la fonte ispiratrice di una band ma proposto con elegante originalità senza compromessi e reso in una chiave di lettura moderna del Rock anche grazie all'unicità vocale di Francesco Sarcina.
La prima traccia dell'album, Fermi senza forma, è una intensa miscela acida,caleidoscopica di suoni martellanti e melodici al tempo stesso (splendido l'ipnotico basso che ritorna continuamente nel pezzo assieme all'inciso psichedelico delle chitarre) che rispecchiano al massimo la ruvida, cruda, critica realtà del testo.
La capacità di produrre ancora oggi un funky piacevole, spensierato e degno di nota è una delle caratteristiche rock, anche se non la principale, del gruppo milanese; Sai ne è la convincente prova nella sua esplosione di ritmi gioiosi, ballabili e percussivi che proiettano l'ascoltatore in un surrale party sulle note spiagge americane.
Il delizioso sensibile arpeggio iniziale di Se, manifesta quella che è la parte più melodica del quartetto, in cui ritornello e testo girano e rigirano in continuazione, come accade in tali casi, diventando il più classico dei singoli-tormentoni con cui vengono lanciato gli album.
Dimmi, ballad con emozionante scrittura rivolta al padre del cantante costretto sulla sedia a rotelle, delude invece da un punto di vista sonoro nella sua “dichiarata” e superficiale orecchiabilità, cadendo nello stesso errore de L'Altro giorno che verrà; queste 2 tracce rappresentano gli anelli deboli del disco, presentando una struttura musicale che non lascia il segno.
La psichedelia e la grandiosità inventiva risorge in Introduzione ad uno stato di distacco da reale, uno splendido e lisergico, sognante viaggio strumentale, in cui viene fuori la pregevole fattura tecnica dei 4 musicisti in una complessità di suoni magistrali e resi ancor più sapienti dalla presenza dell'orchestra, in un ampliamento totale della percezione ormai già avvenuto e che ci trasporta nella fredda e cupa Portami via, dark song coraggiosamente lanciata come secondo singolo, in cui è il theremin a farla da padrone nel suo sapiente e sensibile utilizzo; meraviglioso il melodico e tetro riff di chitarra che accompagna tutto il brano che si sfalda delicatamente nell'acuto finale del pezzo, in cui la voce di Sarcina si alza poderosamente e raggiunge la sua essenza più profonda.
L'inganno del potere è un interessante passaggio moderno ed evoluto del R 'n R in cui il finale merita un attenzione particolare dovuta ai riff decisamente caratteristici e goliardici ed alla geniale aggiunta a fine brano della voce del Sarcina bambino registrata in un esilarante momento in cui “canta in inglese” dimostrandone già la grande abilità innata.
Man mano che l'album scorre nel suo ascolto, avverto una strana sensazione, qualcosa sta per avvenire...qualcosa di magico entra pian piano e da lontano, arriva al mio orecchio in modo strabiliante e distorto; è lo splendido organo introduttivo di Drammaturgia che rende già l'occhio lucido che sa di risate esilaranti...un'alcolica e inebriante visione di una serata eroticamente clownesca, trascorsa dal Sarcina ad un party dell'alta aristocrazia milanese. Il racconto reso fantasticamente fiabesco e burtiano dal cantante è musicalmente ineccepibile, i ritmi musicali seguono di pari passo quelli verbali, esplodendo nel ritornello in un fantastico Stoner che non ha nulla da invidiare agli amati QOTSA, in cui la schizofrenica e arrembante dissonanza ritmica (superbo Alessandro Deidda, che ne fa, alla batteria, uno dei migliori in Italia) gli azzardati ed ottimi contro-tempi (dovuta all'elegante tecnica del chitarrista/pianista Stefano Verderi) risaltano in modo egregio nel ritornello, in cui vengono messi in luce la teatralità e l'ambiguità del brano:
"Sale dentro me
fa male ma
a me piace così...così...così
purchè non mi si tocchi!”.
L'assolo chitarristico nel finale di Francesco Sarcina è sicuramente il miglior modo di porre fine ad una (sur)Reale narrazione erotico-musicale.
La rabbia melodica e bramosa pervade l'immaginaria e sognante Eclettica, incantevole rock ballad di 8 min, in cui viene fuori la caratteristica improvvisativa del gruppo in un crescendo a tratti psichedelico, sperimentale ed essenzialmente strumentale che non facilita qualsiasi distacco dalla realtà.
Essere una Rock Band nel panorama italiano è estremamente difficile.
Appartenere ad una Major comporta scelte coraggiose.
Avere un proprio caratteristico Sound è qualcosa di speciale e proibitivo.
Evolversi e Sperimentare non è da tutti.
Suonare con tecnica e bravura dal vivo possono permetterselo in pochi.
Ragazzi, Le Vibrazioni sono tutto questo.
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