Micecars
I'm The Creature
Unesordio che arriva dopo tre anni di premi e riconoscimenti di ogni tipo, lodi sperticate della critica musicale e tam tam incessante sul uèbb, questo Im The Creature per i Micecars doveva essere il suggello definitivo di un percorso trionfale di 3 anni. E cosi è: per chi non li ha mai sentiti si tratterà di una piacevole sorpresa, unepifania nel buio ad intermittenza della scena indie rock nostrana: un po come le uscite degli ottimi Yuppie Flu con cui i Mice Cars condividono una spiccata propensione per i suoni indie rock americani degli anni 90, il produttore (Matteo Agostinelli, che si è alternato al banco della regia con Francesco Donadello dei Giardini Di Mirò) e lafflato internazionale, vuoi per il cantato inglese, vuoi per la potenzialità di valicare gli angusti confini dlla penisola .
I parallelismi, però, si fermano qui. Diceva un mio amico internettaro che i Micecars non fanno niente di nuovo, ma lo fanno da dio: definizione che avvallo solo per la seconda parte. Se è vero infatti che i Mice non sono certo alla ricerca di nuove sonorità per il terzo millennio è pur vero che la sintesi compiuta su Im The Creature resta comunque per certi versi originale. In generale si può pensare ad una sorta di enciclopedica sintesi di tutto il meglio che il rock alternativo americano ha saputo offrirci nel corso dello scorso decennio: procedendo random, che tanto qui è tutta roba buona dallinizio alla fine si potrebbe citare ilpop grunge di Nihil is The Quest e Hulk Hogan (Torch Song), la filastrocca The Ancient art of Peeping o la drammatica Fritz is Alive, o ancora la bislacca Underwater Slug o la cavalcata Pixies-style di Heretical.
Il gruppo cambia registro, tono e passo di continuo, ma riesce sempre a dare ai pezzi un tiro melodico fuori dal comune, a spiazzarti con lo spunto che non ti aspetti, a rendere ogni pezzo a modo suo una chicca. Tutto ciò viene realizzato creando una sintesi a modo suo inedita di tutto il meglio che il panorama rock indipendente degli anni 90 ha saputo darci: accanto ad unitalianità di fondo che tiene conto di quanto di buono è passato negli ultimi dieci anni da queste parti a livello indigeno (per citarne solo un paio, Marlene e Yuppie Flu), le fonti dispirazione restano elevatissime: Pixies, Nirvana, Pavement, Sonic Youth e Beck, su tutti. Se come dicono alcuni, superata la sbornia anni ottanta si tornerà a queste sonorità, lItalia, con questo disco, ha già trovato i suoi pupilli.
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