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R Recensione

6/10

Todo Modo

Prega Per Me

Quando, un paio di anni fa, appresi della formazione dei Todo Modo, gli entusiasmi per la svolta avantgarde della scrittura di Paolo Saporiti erano ben lungi dall’essere spenti. Ritenni che la creazione di un side project autonomo fosse il coronamento ultimo e più alto di una collaborazione, quella con Xabier Iriondo, inizialmente stretta ai tempi degli arrangiamenti de “L’Ultimo Ricatto” (2012), replicata negli esperimenti anarcoidi di “Irrintzi” e poi proseguita con continuità per i due successivi full lengths del cantautore milanese. L’atipica scelta di Giorgio Prette come fantastico terzo dell’apocalisse – non esattamente un musicista avvezzo a frequentazioni collaterali… – non faceva altro che aggiungere mistero e fascino ad un progetto promettente sin dai primissimi albori. Pensateci un attimo: il paroliere tormentato, il genio visionario del rumorismo tricolore, il batterista in libera uscita dagli Afterhours e in cerca di riscossa. Che questo triumvirato potesse porre le basi per una nuova fase del nostro noisewriting?

L’esordio omonimo (2015), seppur generalmente buono, tendeva a rimanere sul vago, giocando più di sovrapposizione che di compenetrazione e sollevando nell’ascoltatore un certo numero di legittime perplessità che, oggi, l’inatteso sophomorePrega Per Me” dovrebbe provare a fugare. In effetti, sebbene la densità e l’orientamento tematico dei singoli brani parli chiaro e forte sul crescente peso di Saporiti all’interno dell’economia del trio (perdita ed alterità sono concetti chiave che donano spessore concettuale al disco: si pensi all’intensissimo spoken word funebre di “Passaggio A Livello” e all’edipica copertina mutuata da una fotografia d’epoca, che rappresenta il padre di uno dei membri), Todo Modo oggi pensa ed agisce come un corpo solo, in una comunanza d’intenti che nel first act affiorava solo sporadicamente. Svariati, in questo senso, i momenti da conservare. Il trogloditico e secchissimo andante charleston-rullante di Prette è una fucilata nei malleoli di “Prendi A Calci I Tuoi Dolori”, un claudicante panzer electro-rock tra Big Black e Damien Rice. L’oscura patina soul di “Fino A Farmi Male” viene stravolta e sfregiata da stilettate e pruriti noise, come un The Niro affogato da Foetus. “Nel Nome Mio” è una dolente ballata acustica che l’effettistica di Iriondo trasforma in un raffinato landscape desertico: allo stesso modo, la classicissima torch song di “Clandestino” (uno degli episodi più Nineties dell’intero disco) si dibatte tra forma rock e pattern sintetici. Jekyll diventa poi definitivamente Hyde ne “La Ballata Di Rouen”, un deformante specchio ustore industrial-doom in cui i vaneggiamenti di Saporiti assumono la forma di un furibondo ed iconoclasta flusso di coscienza.

A gettare (involontariamente?) luce su “Prega Per Me”, tuttavia, è proprio l’ultimo passaggio ad effetto de “La Ballata Di Rouen”: “Chi porta sempre un libro con sé o ha qualcosa di nuovo da dire, ma che non ha scritto lui e se ne vergogna, o ha qualcosa di nuovo da farsi perdonare”. Il peccato dei “nuovi” Todo Modo è quello di esibire una biblioteca fin troppo ricca di volumi: un’opulenza stilistica che deborda in un’eterogeneità a macchia, una collezione di episodi nei quali vengono rielaborati incessantemente codici e linguaggi propri ed altrui. Ne deriva un disco, in definitiva, sporco e frastornante, ma piuttosto incolore sotto il profilo della personalità. Non fosse per un abrasivo solo mononota in coda, “La Fine Del Mondo” sarebbe un’outtake dei Subsonica di “Terrestre”: le tumefazioni elettriche di “Vero” e l’orgia noise de “La Figlia Del Re” (pungentissimo riferimento alle prevaricazioni di coppia) sono annacquate da sezioni di parole in libertà che si rifanno esplicitamente al Pierpaolo Capovilla del primo TDO (un deja senti intermittente anche nel post grunge trattato chimicamente della title track); la più lunga “Non Dite Niente” riesuma, tra passaggi di strumentazione e salti di atmosfera, metafore e progressioni dell’ormai preistorica stagione dell’alt rock italiano degli anni ’90 – tant’è che sembrerebbe di sentirvi una prosecuzione della vecchia “L’Attentato”.

Un passo avanti per compattezza, due indietro per identità. In attesa della nuova fatica solista di Saporiti, “Acini”, prevista per i primi mesi dell’anno prossimo, serve un terzo disco che aiuti a mettere maggiormente a fuoco tutte le potenzialità dei Todo Modo. Preghiamo per loro.

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