Red House Painters
Down Colorful Hill
Curioso come una raccolta di demo come questa sia poi diventata un'opera imprescindibile all'interno del movimento Sadcore e degli anni '90 tutti. Sei canzoni con le quali il gruppo si aggiudicò il contratto dell'etichetta shoegaze e dream-pop per eccellenza, la 4AD. Sei canzoni dagli arrangiamenti scarni, dai ritmi lenti e dalla produzione tanto sobria da poter spesso sentire il respiro del cantante, Mark Kozelek. Sei canzoni di languida bellezza. Una bellezza ipnotica, intensa e fortemente triste; mai il termine “sadcore” risultò tanto appropriato.
Infatti, sul disco aleggiano tentazioni suicide, prorompenti nostalgie e forti turbe esistenziali; eppure, il tono delle tracce non è disperato, bensì disilluso; domina una fredda, distaccata, solitaria sensazione di dolore. Quello lanciato da Kozelek e soci non è un urlo, ma una preghiera, riassunta nel titolo della traccia musicalmente più spensierata dell'album, Lord Kill The Pain, “Signore, uccidi il dolore”.
I Red House Painters rielaborano magistralmente le loro diverse influenze, dai capostipiti del Sadcore, gli American Music Club, al folk rock di Paul Simon, dalle suite cantautoriali di Lisa Germano fino all'indie rock dei R.e.m., nell'arco di un viaggio iniziato con i delicati arpeggi della splendida 24 e concluso con la commovente, nostalgica epistola di Michael, una delle più belle canzoni mai scritte sul tema dell'amicizia. Un disco intensissimo, che trascina l'ascoltatore in un vortice di malinconia, pathos e delicatezza, nonché un ineguagliabile gusto per la melodia. Splendido ed importante.
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