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R Recensione

7/10

Yellowbirds

The Color

In anticipo sui tempi, eccoci servito l'album dell'estate. Ma non quella degli assolati mezzogiorni in urla di bambini, castelli di sabbia o scatenati schiaccia sette in acqua; è l'ombrellone il nostro pianeta, la sdraio la nostra conquista, ed è il tardo pomeriggio della sabbia fredda e del cielo violetto. E nella calma delle urla sazie, castelli morti e acqua piatta, "The Color" degli Yellowbirds inizia a disperdere la sua salsedine hawaiiana negli accordi acquosi di "Beneath The Reach Of Light" e nel breve monologo di synth in brodo di giuggiole di "The Color II".

E' l'album primo di un gruppo newyorkese, biologica estensione degli Apollo Sunshine di Sam Cohen (voce, chitarra ed effetti), che reinterpreta un'estate in technicolor e ne filtra i raggi solari con melodie warm 'n fuzzy, voce all'acqua di rose e un uso imponente di pedal steel guitars, chitarre a tavolo suonate con pedali che permettono di raggiungere particolari effetti da isola tropicale: ne sono vivissimi esempi-manifesto le note dolciastre di "Rings In The Trees" e "Pulaski Bridge", distanti solo per tempi ritmici. Accordi galleggianti che ben presto si legano a un caleidoscopio rock-psichedelico, parente stretto degli ultimi Besnard Lakes, che trasforma "The Honest Ocean", "Our Good Days Are Gone" e "The Reason" in girandole di distorsioni old-school in odore di sixties; un "Surfin' U.S.A." che rischia però di diventare un maldestro tuffo a bomba nel passato, e che svuota completamente le piscine del nostro relax estivo, la cui pace dei sensi era stata raggiunta con la lenta sonata romantica di "The Color I".

Una scelta poco azzeccata, oltre che un vero peccato, proprio perché fin dalla prima "The Rest of My Life" l'album aveva dimostrato invece di mantenersi in equilibrio tra le creste delle onde e il telaio delle sdraio, svelando una natura al tempo stesso spensierata ed accurata, dolce per disincanto corale e intensa nei richiami passionali di batteria. "The Color" non è quindi altro che lo specchio stesso della sua copertina: un collage bizzarro in cui convivono pesanti pianisti in bianco e nero, coloratissimi arcobaleni volanti e bambine con occhiali da sole improvvisati.

 

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Voto degli utenti: 6,7/10 in media su 3 voti.
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Teo 7/10
target 7/10

C Commenti

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target (ha votato 7 questo disco) alle 12:40 del 22 marzo 2011 ha scritto:

Proposta interessante! I video linkati sopra mi ricordano tantissimo i miei adorati The Love Language ("The rest of my life" potrebbe essere un pezzo loro), per l'aria indie-surf-pop rétro, leggera ma assieme intensamente malinconica. Approfondirò di sicuro!

target (ha votato 7 questo disco) alle 19:31 del 24 marzo 2011 ha scritto:

Eh, questo Cohen ha fatto un bel dischello: pop solo un poco psichedelico imbevuto di sole che rimanda ai '60, se non ai '50, con chitarroni riverberati, vapori country e organi a wallofsoundare sullo sfondo. Da west coast diritto, pure se lui è di Boston. The Love Language, Floating Action, e pure un po' di Dr Dog: roba così. Bellissime le prime tre tracce. Bravo Fil!