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9/10

The Smiths

Hatful Of Hollow

Nel giorno del mio compleanno di due anni fa, in piena mania per gli Smiths, mi fu regalato un libricino biografico, curato da Massimiliano Bucchi, intitolato "The Smiths - An Extraordinary Ordinariness"; credo che questa frase rappresenti meglio di qualsiasi altra un gruppo emblematico e contraddittorio come fu quello di Morrissey e Johnny Marr.

Una contraddizione evidente già dal nome, che richiama il cognome più diffuso in Gran Bretagna, quasi a voler suggerire contenuti ed intenti banali, comuni; in realtà, era già allora palese come la band suonasse come nessun altra in circolazione (tanto da essere fieramente isolata dagli innumerevoli movimenti musicali esplosi negli anni '80), e si rivolgesse tanto alla vecchia, cara working-class, quanto alla folta schiera di outsiders, di disadattati sociali nell'era Thatcher (alla quale Morrissey dedicherà in seguito un'eloquente “Margaret On The Guillottine”). Sorprendente, dunque, come un gruppo tanto fuori dagli schemi abbia subito dominato le charts, tanto da indurre la propria etichetta (la Rough Trade) a pubblicare questa raccolta di b-sides, inediti e remix a soli pochi mesi di

distanza dall'omonimo disco di esordio.

"Hatful Of Hollow", sebbene forse non il miglior capitolo della loro carriera, rispecchia fedelmente l'anima degli Smiths, e ne evidenzia brillantemente la dicotomia; in parte operazione commerciale ed in parte testimonianza della furia creativa dei primi anni dei nostri: quest'opera spazia dal jangle pop di “This Charming Man” alle ballate acustiche “Back To The Old House” e “Please, Please, Please Let Me Get What I Want”, passando in mezzo a rigurgiti post punk (“Hand In Glove”) e fascinazioni anni '60 (“Heaven Knows I'm Miserable Now”).

Un album che colpisce sia per la sua immediatezza pop, sia per la sua disarmante originalità, frutto, questo, di influenze molto diverse (il glam rock, il pop anni '60, il punk, la new wave), ma anche di un approccio personalissimo alla musica: dietro alle trame apparentemente semplici di Marr scopriamo accordi inusuali e arpeggi intricati; dietro alle tematiche adolescenziali

di Morrissey, troviamo uno stile unico ed inconfondibile, ed una miriade di preziose, colte citazioni disseminate in ogni verso. Dietro ad un semplice disco, scorgiamo parole e musiche che hanno accompagnato, accompagnano e accompagneranno ancora milioni di teenagers nelle loro notti solitarie, mentre versano lacrime e pregano: “Per favore, lascia che ottenga ciò che voglio, questa volta”.

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Voto degli utenti: 9,1/10 in media su 25 voti.

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DonJunio (ha votato 7 questo disco) alle 14:39 del 12 febbraio 2007 ha scritto:

i signori smith

ottima dissertazione, L'importanza storia e culturale degli Smiths non si discute, ma musicalmente credo siano stati un po' sopravvalutati, sopratutto il loro (presunto) capolavoro "The Queen is dead". Opinione personalissima e opinabilissima ovviamente. Una grandissima band da singoli, e certamente in questo disco ce ne sono alcuni dei loro migliori

KidInTheRiot (ha votato 10 questo disco) alle 14:28 del 13 febbraio 2007 ha scritto:

Bravo,per quanto mi riguarda e il meglio degli smits e uno dei migliori 10 dischi della storia.

Lewis Tollani (ha votato 8 questo disco) alle 16:03 del 13 febbraio 2007 ha scritto:

certo che parlare di uno dei gruppi della mia adolescienza è sempre dura... però penso che col senno di poi l'esordio e la regina siano un gradino superiori. (anche perchè questa è una raccolta...). Bella recensione...

greg ranieri (ha votato 8 questo disco) alle 12:23 del 29 aprile 2007 ha scritto:

bellissimo disco, il migliore degli smiths secondo me. se the queen is dead è il manifesto, questo non scherza proprio come qualità dei pezzi, anzi è superiore.

Paranoidguitar (ha votato 10 questo disco) alle 11:44 del 24 novembre 2008 ha scritto:

Per me invece hatful of hollow è il capitolo migliore della carriera. The queen is dead lo trovo un po' sopravvalutato a dire il vero. Questa raccolta mantiene la freschezza degli esordi e rispetto all'esordio (che storicamente è fondamentale) ha per me due punti di forza:

versioni più energiche

canzoni meravigliose aggiuntive

poi se a qualcuno piace di più l'esordio non faccio storie sta di fatto che gli smiths hanno dato il meglio nel 1984

REBBY (ha votato 10 questo disco) alle 18:53 del 24 novembre 2008 ha scritto:

Sono d'accordo anche qui con Paranoidguitar

(ps sembra che i miei gusti musicali siano molto

simili ai tuoi).

salvatore (ha votato 10 questo disco) alle 16:01 del 10 marzo 2010 ha scritto:

Ma perchè questi maledetti hanno scritto così poche canzoni acustiche? Me lo domando da sempre...Vi odio. Anzi vi amo. Il miglior disco degli Smiths, comunque. Lo so che è una raccolta, ma è una raccolta particolare... Io trovo addirittura che sia il lavoro più coerente e omogeneo della lorro discografia. Qui si può parlare di una vera e propria poetica.

B-B-B (ha votato 10 questo disco) alle 22:46 del 15 febbraio 2016 ha scritto:

D'accordissimo.

casadivetro (ha votato 10 questo disco) alle 5:54 del 23 marzo 2011 ha scritto:

Trovo inutile misurarlo con The Queen is Dead.

Così diversi, quindi entrambi manifesti dell'essenza smithsiana.

Paul8921217 (ha votato 10 questo disco) alle 22:17 del 4 aprile 2013 ha scritto:

Qui si parla semplicemente di GRANDI pezzi, quei pezzi che ti risenti per mesi senza stancarti, quei pezzi con testi magnetici e affascinanti, quei pezzi che ti scopri canticchiare nelle notti insonni, che ti vien voglia di imparare a suonare o condividere con gli amici, quei pezzi che ti spingono a alzare al massimo il volume dell'mp3.Io voglio anche semplicemente questo dalla musica, e qui c'è.