Amy MacDonald
This Is The Life
Nell’universo del pop femminile è il momento delle Amy, non c’è dubbio. La Winehouse, pur nelle sue traversie, cerca di essere più sofisticata. Lo dice il suo cognome: si sorseggia, si ciondola il calice come nei lounge bar. Lascio intendere, secondo la proporzione, quale sia il cibo che offre la MacDonald.
Eppure: questo disco arrangiato per essere da classifica, cantato da un’avvenente ventenne di Glasgow, ha qualcosa che lo riscatta dalla mediocrità della classifica. Qualcosa di grezzo, schietto, diretto, che si insinua nelle vene un po’ incupite di un folk rock melodico e dalle tinte country. C’è qualcosa di nordico che sa di Dolores O’Riordan, molto di americano che può ricordare la Sheryl Crow dei tempi migliori, qualcosa nelle melodie che richiama un cantautorato rosa anni ottanta nostalgico e on the road (Suzanne Vega, e altre), qualcosa di più attuale e facile (KT Tunstall).
Qualcosa che funziona, e che va al di là della voce della MacDonald, dalle sfumature torve e autunnali. Una voce che non ha i toni zuccherosi, il che salva il disco da mielismi vari, indirizzando anche le poche tracce lente verso un tono semmai nostalgico (“Youth Of Today”), o al massimo delicato e introverso, come in “Run” (il cui ritornello ricorda da vicinissimo “I Maschi” della Nannini. Per dire).
Durante l’ascolto del disco non si affonda mai in sciatterie riempitive e, pur senza toccare vette che facciano gridare al miracolo, si veleggia in modo gradevole. I momenti migliori sono la title track, dalle sonorità celtico-country, “Let’s Start A Band”, originale soprattutto nel finale, tra vocalizzi lirici, cori, una tromba e una bella apertura melodica, “L.A.”, più Sheryl Crow, e “A Wish For Something More”, originale mix di stili, con un ritmo latino e una chitarra wah-wah insinuantemente funky intrecciata a un banjo. E capita spesso, poi, di canticchiare il riff acustico di “Mr Rock’N’Roll” o il ritornello catchy di “Poison Prince”, con un organetto a rifinire i passaggi strumentali.
Non è un hamburger megacalorico e take-away, il debutto della Amy meno celebrata del momento. È pop-rock, senza essere la Imbruglia. È country-folk, senza essere imbarazzante. È orecchiabile, senza scadere nell’indegno. In macchina, sui paesaggi dell’autunno, piacerà alle vostre amiche dai capelli rossi. E un po’, segretamente, magari dopo il breve finale folk à la Paul Simon, piacerà anche a voi.
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