Chairlift
Moth
Già otto anni da Bruises, prima "hit" dei Chairlift (lo spot Apple del defunto iPod Nano), e dal quel Does You Inspire You che nella seconda metà degli anni zero li posizionò tra le realtà più interessanti della scena newyorkese. Una New York davvero in fermento, al tempo, laboratorio di un approccio avant/psichedelico al pop ampio - giusto per citare qualche titolo: Oracular Spectacular degli MGMT, All Hour Cymbals degli Yeasayer, Bitte Orca dei Dirty Projectors
Quattro invece le primavere da un disco, Something (2012), in cui quella stessa forma pop si faceva ancor più eccentrica, accostandosi al synth 80s e allespressività RnB contemporanea - con Caroline Polachek interprete sempre più sicura dei propri mezzi.
Il presente del duo Wimberly-Polachek è Moth, realizzato alternando lavoro in studio, il progetto solista della cantante a nome Ramona Lisa e collaborazioni più (No Angel, per Beyoncé) o meno (Blood Orange: lincanto esotico di Chamakay) esposte.
Un album, Moth, ricercato sotto ogni aspetto (dagli arrangiamenti alla produzione) e nelle intenzioni aperto ad un pubblico sempre più ampio. Tanto catchy nelle melodie quanto intricato/contemporaneo per architetture smooth/funky, il terzo album dei Chairlift è synth pop ed estro art (mai veramente kitsch e fine a se stesso) che tendono al raggiungimento di un pop/r'n'b fisico e diretto.
Polymorphing (di abbassamenti wave, tastiere come fili psych, e delizia funky), Romeo (plastica multicolore in beat grossolani, sol levante e pop mainstream d'oltreoceano - Grimes), Ch-Ching (il taglio secco dei beat e le modulazioni di Polachek), Moth To The Flame (il pezzo danceable del disco), Show U off (come vestirebbe addosso a Jessie Ware?): tutto gira, e con minor dispersione rispetto a "Something".
Anche nei momenti raccolti (di basso mid tempo e scintillare melodico nella meravigliosa "Crying in Public"), più liquidi (lo sbrodolare psichedelico di Ottawa To Osaka, litania e texture à la Animal Collective) e meccanici (Unfinished Bussiness) si manifesta, intrinseca e idiosincratica, una grazia e una sperimentazione pop mai così concreta come oggi.
In ultimo, spicca linterpretazione sinuosa e multiforme di Polachek, educata classica (I love the baroque period, so I love anything from that time with that austerity and that branching feeling) ma davvero moderna, art e libera da ogni ancoraggio.
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