V Video

R Recensione

7,5/10

Chairlift

Moth

Già otto anni da “Bruises”, prima "hit" dei Chairlift (lo spot Apple del defunto iPod Nano), e dal quel “Does You Inspire You” che nella seconda metà degli anni zero li posizionò tra le realtà più interessanti della scena newyorkese. Una New York davvero in fermento, al tempo, laboratorio di un approccio avant/psichedelico al pop ampio - giusto per citare qualche titolo: “Oracular Spectacular” degli MGMT, “All Hour Cymbals” degli Yeasayer, “Bitte Orca” dei Dirty Projectors

Quattro invece le primavere da un disco, “Something” (2012), in cui quella stessa forma pop si faceva ancor più eccentrica, accostandosi al synth ‘80s e all’espressività R’n’B contemporanea - con Caroline Polachek interprete sempre più sicura dei propri mezzi.

Il presente del duo Wimberly-Polachek è “Moth”, realizzato alternando lavoro in studio, il progetto solista della cantante a nome Ramona Lisa e collaborazioni più (“No Angel”, per  Beyoncé) o meno (Blood Orange: l’incanto esotico di “Chamakay”) esposte. 

Un album, “Moth”, ricercato sotto ogni aspetto (dagli arrangiamenti alla produzione) e nelle intenzioni aperto ad un pubblico sempre più ampio. Tanto catchy nelle melodie quanto intricato/contemporaneo per architetture smooth/funky, il terzo album dei Chairlift è synth pop ed estro art (mai veramente kitsch e fine a se stesso) che tendono al raggiungimento di un pop/r'n'b fisico e diretto. 

Polymorphing” (di abbassamenti wave, tastiere come fili psych, e delizia funky), “Romeo” (plastica multicolore in beat grossolani, sol levante e pop mainstream d'oltreoceano - Grimes), “Ch-Ching” (il taglio secco dei beat e le modulazioni di Polachek), “Moth To The Flame” (il pezzo danceable del disco), “Show U off” (come vestirebbe addosso a Jessie Ware?): tutto gira, e con minor dispersione rispetto a "Something".

Anche nei momenti raccolti (di basso mid tempo e scintillare melodico nella meravigliosa "Crying in Public"), più liquidi (lo sbrodolare psichedelico di “Ottawa To Osaka”, litania e texture à la Animal Collective) e meccanici (“Unfinished Bussiness”) si manifesta, intrinseca e idiosincratica, una grazia e una sperimentazione pop mai così concreta come oggi.

In ultimo, spicca l’interpretazione sinuosa e multiforme di Polachek, educata classica (I love the baroque period, so I love anything from that time with that austerity and that branching feeling) ma davvero moderna, art e libera da ogni ancoraggio.

V Voti

Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 6 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
woodjack 7,5/10
Cas 8/10

C Commenti

Ci sono 8 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

FrancescoB alle 12:18 del 5 febbraio 2016 ha scritto:

Recensione al solito approfondita e interessante. Mi butto con interesse nell'ascolto, certo di cavarne qualcosa di buono

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 18:42 del 9 febbraio 2016 ha scritto:

meno immediato, almeno ad un primo ascolto, rispetto allo scorso "Something". di certo però un altro bell'impasto di suoni: i Chairlift spiccano prima di tutto per le modalità del tutto inconsuete di trattare il sound, di assemblare gli arrangiamenti. detto questo ci sono anche le canzoni, e mi pare che ci si apra anche un pochino di più al mainstream ("Show U Off"), questa volta...

woodjack (ha votato 7,5 questo disco) alle 21:07 del 11 febbraio 2016 ha scritto:

al primo ascolto pensavo anche io alla "deriva mainstream", più che deriva in questo caso direi occhieggiamento a certe sonorità contemporanee, sia nella scelta della veste produttiva che, va da sè, nella tipica imbridazione "bianco-nero" che ormai da qualche anno la fa da padrone... Something mi era piaciuto, non da stracciarmi le vesti, ma aveva una buona dose di freschezza nell'approccio alla scrittura, a tratti piacevolmente svagata, e pure negli arrangiamenti spumeggianti e dal vertiginoso citazionismo. Si poteva guardare a queste qualità come pregi o come limiti. Questo è sicuramente un lavoro diverso, c'è un'aria più quadrata, più costruttivista, sicuramente più aggiornata. Un bene o un male? probabilmente si perdono solo delle cose e se ne acquistano altre. Lo spettro di azione è sicuramente più ampio, il songwriting consapevole, la produzione chirurgica. Sembra che gli eighties sia ora affrontati attraverso le successive riletture che ne hanno dato la musica dei decenni successivi (Moth to the flame sembra rileggere la dancefloor attraverso la lente dei '00, così per fare un esempio). Non so se i nostri si vogliano solo spostare dalle grazie di NME a quelle di Pitchfork (non ho neanche verificato, in effetti) o se questi "ammiccamenti" sono evoluzione/deviazione del loro linguaggio, si può dire però che un pezzo come Ch-Ching ti fotte grazie ai molteplici piani di ascolto/lettura, è un pezzo r&b? non diremmo, eppure... post-dubstep? boh, siete più bravi voi con le etichette forse... sta di fatto che quell'accordo inaspettato nel mezzo del ritornello, quell'apertura white in tutto questo (plastic) black, le spezie morriconiane laddove non te l'aspetti, beh non sono da tutti.

woodjack (ha votato 7,5 questo disco) alle 21:09 del 11 febbraio 2016 ha scritto:

PS: domanda tecnica scema: è possibile editare i commenti o gli svarioni linguistici rimangono a imperitura memoria? devo imparare a rileggere prima di premere INVIA....

hiperwlt, autore, alle 15:09 del 12 febbraio 2016 ha scritto:

L'intento è arrivare ad un pubblico maggiore, questo mi sembra chiaro dalle loro parole e dalle loro scelte di collaborazione/produzione. La deriva mainstream, e quindi l'accostarsi a certi suoni e certe interpretazioni moderne del pop, non preclude la ricerca e la complessità tipica dei Chairlift, che a volte sfiora alchimie incredibili (e qui Wimberly protagonista) pur essendo così, appunto, polimorfica.

Personalmente non credo sia meno immediato di "Something", per riallacciarmi a Matteo, anzi: al netto, ho trovato ancor più compattezza entro i pezzi. Forse il precedente era esteticamente più coerente, questo sì. Comunque, pareri personali.

Fra: i brani dove il tratto funky è bello spiccato li apprezzi - "Polymorphing" su tutte. Attualmente però esco matto per "Crying in Public" (bridge superbo), ballata pop ripiegata e scintillante.

Ps: non puoi editare woodjack. Però tranquillo, il discorso fila

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 19:32 del 16 dicembre 2016 ha scritto:

Ascolti riassuntivi di fine anno: questo è uno degli album imprescindibili di questo 2016

hiperwlt, autore, alle 10:16 del 17 dicembre 2016 ha scritto:

Ma no! Dopo un disco del genere? La Polachek in solo non mi ha convinto, come produttrice invece perfetta.