Franco Battiato
Apriti Sesamo
Un nuovo album di Franco Battiato!
Cos’ avrà combinato stavolta? Lecito aspettarsi di tutto, da uno che ha saputo danzare tra sperimentalismo elettronico, pop, opere classiche e prog nel corso della sua lunga e proficua carriera. A 67 anni suonati ma portati egregiamente, il cantautore catanese rilascia, dopo la raccolta di cover e inediti di “Inneres Auge”, il suo ventottesimo lavoro in studio, in compagnia del suo ormai storico amico e collega Manlio Sgalambro, coautore di alcuni testi. Come al solito è una full immersion in territori che spaziano dalla filosofia alle citazioni letterarie: dal compositore/filosofo Stefano Landi in “Passacaglia”, scelto come singolo di lancio del disco, a Santa Teresa D’Avila in “Un Irresistibile Richiamo”, arrivando fino al sommo poeta Dante Alighieri in “Testamento”.
I temi toccati affondano a piene mani nel passato e nel ricordo della giovinezza (Ero in quinta elementare/entrai per caso nella mia esistenza) vista quanto mai lontana e irraggiungibile, senza però dover esserne tristi (Viva la gioventù che fortunatamente passa). Ma non solo: “La polvere Del Branco” tratta l’angusto tema della reincarnazione, descritta in maniera più che ottimista (Perché morire è un sogno), con un ritornello cantato dal cantautore catanese nel suo ormai famoso e maccheronico inglese, che in “Caliti Junku” viene unito ottimamente al dialetto siciliano. Come un ideale seguito di “Inneres Auge”, trova spazio anche l’invettiva contro la società e Sua Maestà il Denaro (ricordate “Bandiera Bianca”?) ne “Il serpente”, dove però è presente la certezza della rinascita di un uomo nuovo, come Nietzsche insegna.
Malinconia e speranza vanno perfettamente a braccetto, con le canzoni che diventano ritratto stesso del pensiero del loro autore, da ormai moltissimi anni impegnato nella riflessione del suo Io più interiore. Il tutto è ottimamente condito da synth equilibrati e incursioni classiche, con il tappeto musicale spesso usato semplicemente come sottofondo alla delicatissima voce di Battiato, vera protagonista dell’album. Parlare di Battiato è come sempre un’impresa, e il rischio di scadere nella banalità è alto.
Difficile però non restare affascinati da un album del genere, che certamente non aggiunge nulla di nuovo alla produzione del Maestro, né si avvicina ai picchi ormai lontanissimi di “La Voce Del Padrone” e “Cafè De La Paix”, ma che affascina per la sua completezza e l’armonia che pervade gli interi trentasei minuti di ascolto. L’ennesima prova di come sia possibile unire il gusto del grande pubblico ai “capricci” dei più sofisticati.
In Italia pochissimi ce l’hanno fatta. Franco Battiato è senza dubbio uno di quelli.
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