Franco Battiato
L'Ombrello E La Macchina Da Cucire
Niente è come sembra. Questo è l’assunto di partenza per poter accedere al mondo mistico del gran maestro Franco Battiato. Nel 1995, con “L’Ombrello E La Macchina Da Cucire”, il nostro siciliano preferito spiazza ancora una volta i suoi ascoltatori dopo che negli anni era riuscito a stravolgere tutte le istanze della musica italiana: dopo il premio Stockhausen de “L’Egitto Prima Delle Sabbie” era approdato all’esoterismo pop de “L’Era Del Cinghiale Bianco”, quindi al milione di copie de “La Voce Del Padrone” o ancora alla musica classica di “Genesi”, per giungere infine ad Oriente con “Come Un Cammello In Una Grondaia”. A metà anni ’90, invece, Battiato indaga con piglio teologico le relazioni umane, comparando le sue asserzioni a quelle di venerabili filosofi, scienziati e illuministi. Già nel brano che dà il titolo al disco c’è un qualche tipo di rimando ai ready-made di Marcel Duchamp, od anche all’inconscia associazione di idee tra loro estranee, come dissociata sembra la commistione di tastiere e cori.
Nel “Breve Invito A Rinviare Il Suicidio”, elettronicissimo esperimento pop, c’è il consiglio a che questa parvenza di vita non merita un gesto tanto nobile quanto quello socratico, con rimandi intellettuali all’opera di Schopenhauer e Heidegger; nel “Piccolo Pub” ci sono invece Immanuel Kant, Thomas S. Eliot e Blaise Pascal al bancone mentre discutono di alienazione e solitudine, potendo intendere questo universo non come privo di senso ma dato all’uomo in virtù delle sue potenzialità cognitive. In questo che pare un compendio della Piccola Biblioteca Adelphi, Battiato sperpera keyboards che sintetizzano suoni plastificati e abusa della grande voce da soprano di Hiroko Saito. Dopo che la “Fornicazione” rivela la voluttà umana cosciente del proprio disfacimento, atto di sfida a Dio e, di riflesso, all’uomo stesso, il filosofo nichilista Manlio Sgalambro – autore di tutti i testi – ci regala “Gesualdo Da Venosa”, ove il discorso si fa intensissimo e fuggevole. Accanto a un sound inizialmente gotico che si fa pura musica dance, troviamo il teorema adiabatico applicato al caso umano del principe di Venosa: l’omicidio della moglie inficia la sua pur tanto sublime opera? Cosa resterà del madrigalista? Verso quale estremo del continuum è attratto? La risposta di Battiato va ricercata in “Ornithology” di Charlie Parker, celebre contraffazione musicale che ha reso il sassofonista statunitense famoso in tutto il mondo.
Le musiche si placano e in un turbine di pads imbottiti ed ovattati arriva la calma apparente del “Moto Browniano”, che prende in prestito i moti particellari di Robert Brown per capovolgere l’idea di movimento eterno, giungendo alla conclusione che anche l’idea stessa di movimento è impensabile di fronte all’immoto, principio della fine. “Tao” è filosofia orientale, religione scrupolosa, un assiduo operare a vantaggio del bene. O forse no. Tao non c’è se c’è definizione, basti dunque l’indifferenza e l’astensione: Battiato medita addirittura sulla ritenzione del seme.
E poi, sulle profumate note de “L’Allodola” in fa minore di Haydn, “Un Vecchio Cameriere”, mestiere sopraffino e luce di eleganza, appannaggio del Creatore, servo degli uomini e sommo giudice, con Hegel che decreta il farsi spirito da parte di Dio come il farsi soggetto, dunque puro sapere. Qui Battiato certifica la perfetta coesistenza di sacro e profano, del classicimo per archi col linguaggio popolare. Ancora tastiere in fermento e una strizzatina d’occhio all’agitata musica tzigana (incredibile l’utilizzo sopraffino d’un sample di “Rind De Hore”) per ascoltare infine “L’Esistenza Di Dio” dove, partendo dall’estetica di Gotthold E. Lessing, si giunge all’indefinitezza del concetto di Dio giacché, nelle parole di Guglielmo di Ockham, «Dio differisce dalla pietra perché questa è finita. La teologia vi invita, anzi vi impone, di immaginare una pietra infinita».
Acusticamente gonfio e a tratti velleitario, questo disco di Battiato sancisce l’inesistenza dell’ateismo e la possibile ascensione degli uomini ad uno stato di coscienza superiore, mitigando le passioni o, in presenza di queste, affrancandole attraverso un’opera terrena degna di nota; vieppiù, dimostra l’infondantezza della scienza come pura matematica. Il pensiero di Dio viene sezionato ad ulteriore dimostrazione che l’Uomo tende da sempre al divino.
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