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R Recensione

6/10

Peter Cincotti

Metropolis

Peter Cincotti, 29 anni, americano (New York) di evidenti origini italiane (nonni di Napoli e Piacenza), tre dischi di successo alle spalle, considerato una delle promesse del jazz del nuovo secolo (premiato a 17 anni al Festival jazz di Montreux per l'interpretazione di A night in Tunisia, a soli 19 anni raggiunge il top della classifica jazz di Billboard), era atteso alla prova del nuovo cd, soprattutto dopo l’interlocutorio East of Angel town, un disco interamente costituito di brani autografi, in cui si allontanava dagli standards jazz con cui aveva iniziato la carriera.

E il nuovo lavoro, Metropolis, prosegue questa strada, nel tentativo forse di smarcarsi proprio dal marchio di nuova promessa del jazz, cercando una strada autonoma e personale. Tentativo senza dubbio coraggioso; d’altra parte per lui sarebbe stato molto semplice realizzare un nuovo cd di grandi classici per conquistare il mercato.

Metropolis è però un disco riuscito a metà, dove a brani dalle indubbie qualità si alternano altri molto deboli, soprattutto per i suoni e gli arrangiamenti. Tra i momenti migliori del disco, senza dubbio Forever And Always, un brano  allegro, saltellante, ritmato, cantato bene e suonato altrettanto, situato da qualche parte tra Billy Joel e Elton John. Ottimo anche Nothing's Enough, che con la sua base funky e i ritmi quasi reggaeggianti, è il brano più originale del disco. Buoni anche i brani più pop come Do Or Die, leggero e di classe con un bel solo di piano, o Graffiti Wall, un mid tempo con ambizioni da classifica e heavy rotation sull’airplay, al pari di World Gone Crazy, o ancora Magnetic con i suoi ritmi pulsanti che si aprono ad un ritornello orecchiabile.

A questi brani fanno da contraltare altri meno riusciti, come My Religion, sepolto da tonnellate di suoni anni ottanta, Madeline un lento con voce e piano a guidare la prima strofa, non male in realtà fino a che entrano la batteria e i suoni finti del synth, e comunque con un’ottima prestazione vocale di Cincotti. Stessa sorte tocca a Fit You Better, il brano più rock del disco, con suoni leggermente meno patinati, in cui però il ritornello corale ed il synth ci riportano ancora nei suoni marchiati anni ottanta. Anche la title track, Metropolis, vagamente Muse nel crescendo emozionale, è sepolta da archi campionati e suoni sintetizzati.

Di contro, si apprezzano i temi trattati nelle liriche del disco, in cui si indaga la confusione dell’uomo moderno nella metropoli contemporanea, con i suoi lati positivi e negativi, sia per gli aspetti più sociali che per quelli più introspettivi.

Un disco che deluderà chi è legato al Cincotti degli esordi, e invece piacerà agli amanti del pop, a chi dalla musica non chiede altro che un  po’ di svago di qualità, che comunque non è poco; piacevole come una sorsata d’acqua fresca, che disseta ma non lascia traccia. Cincotti si conferma con questo lavoro un ottimo interprete ed un autore coraggioso, che invece di fare il compitino con i classici del jazz, ha deciso di provare a crescere, cercando strade nuove, magari sbagliando. Ma ha tutto il tempo e le qualità artistiche per mettere a fuoco la mira.  

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Voto degli utenti: 6,9/10 in media su 4 voti.
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martha 10/10
fabfabfab 5,5/10
alvin 4/10
Engy 8/10

C Commenti

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alvin (ha votato 4 questo disco) alle 13:52 del 27 ottobre 2012 ha scritto:

album veramente deludente e mediocre, con una pessima produzione e canzoni non memorabili, assolutamente da evitare

Engy (ha votato 8 questo disco) alle 18:20 del 27 ottobre 2012 ha scritto:

Un decisivo cambiamento di genere con METROPOLIS; molto più POP senza rinunciare all'eleganza del comporre di Cincotti! Si merita un bell 8 per l'impegno e per il coraggio!

Canzoni interessanti: My Religion, Do or Die, Madeline, Nothing's Enough, Before I go..... nel complesso un piacevole ascolto.

Ideale per le playlist Radiofoniche!