The xx
I See You
Dellestetica xx dellesordio (2009) resta l'eco, che in parte vige ancora quale implicito assioma compositivo; però oggi, quella di Romy Madley Croft, Jamie xx e Oliver Sim è una band vogliosa di aprirsi al mondo, serena nel processo di alterazione della propria rigorosità minimale; in questo senso, I See You è movimento contrario al ripiegamento da cameretta, ed è suono come funzione di un sovrastrutturarsi in senso romantico e universalmente pop del proprio sound.
Meno auto-poietici, quindi (i passaggi astratti di Coexist il culmine, in questo senso) e maggiormente eterogenei stilisticamente, gli xx: nelle intenzioni, "I See You" è disco in cui ognuno, e con le proprie differenze, può specchiarsi. A partire dall'artwork.
Molto del nuovo lavoro sembra nato direttamente in studio, dopo aver raccolto sotto traccia esperienze in un lungo road trip in giro per (tra gli altri) Stati Uniti e Islanda; si ha, così, la percezione di una maggiore affinità con In Colour, anche per la vesta meno chitarristica e più elettronica/fisica dei brani (sebbene non manchino tentativi di continuità con il passato: ad esempio Performance e I Brave You, quest'ultima riuscita amalgama estetica dei due lavori precedenti). Prendete Replica, con la sua tenue cascatella di colori (le tinte, come ripescate da "Obvs"), in senso minimal prog, e il cantato di puro Rn'B di Oliver Sim (idem in I Dare You, con una ottima prima strofa); le sirene e i tribalismi clubby di Lips (sample di "Just" di David Lang, usata anche in Youth di Sorrentino); il groove funk e le trumpet di Dangerous; i vuoti + fisica progressione techno di Violent Noise. Ma, soprattutto, ci si riferisca ai due singoli (lRnB wave di On Hold e Say Something Loving): innesco di sample (I Cant Go For That (No Can Do) di Daryl Hall & John Oates per la prima) e riferimento esplicito a melodie altrui, con una resa mai così in assetto main da parte dei nostri.
Si guadagna, quindi, piglio universale e versatilità mainstream (non un difetto); si perde invece, prima ancora di un vero respiro nostalgico (fil rouge dell'esordio), di compattezza concettuale ("Coexist"; qui, invece, l'impressione è di ascoltare una collezione di brani). Così come di reali instant classic - Crystalised, Angels e "Loud Places" di Jamie xx.
Impossibile, e neppure auspicabile dato lo sviluppo e l'esposizione mondiale, che replicassero anche questa volta la stessa formula: si deve quindi riconoscere ai londinesi di aver, quantomeno, provato a rompere lo schema xx sound (ossia, lalchimia stilistica autogenerativa dei primi due dischi), osando e mischiando le carte in tavola per arrivare ad un pubblico ancora più vasto. Impossibile non affermare che il disco, al contempo, appaia più legato ad un appagamento esistenziale del momento che ad una reale urgenza artistica.
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