Charlotte Gainsbourg
IRM
Questo è il nuovo disco di Beck. Ok, non è vero, ma non sarebbe azzardato ammetterlo. Produced by Beck Hansen, si legge nelle note in retrocopertina. All songs written by Beck Hansen: è un monito o una speranza?
La verità è che questo disco parla di Charlotte Gainsbourg, e racconta la storia minuscola di una donna in balia di uomini, eventi, incidenti, del suo coma lucido e cosciente che la porta a intuire la realtà nonostante i cinque sensi appannati. Una rabdomante distorta ricerca. A filmare la scena, a scegliere le inquadrature (e la colonna sonora) è il signor Hansen, talvolta eccedendo nella saturazione dei colori, più spesso lasciando che a parlare siano le immagini, e il sussurro posato, elegante, ma incisivo come un bisturi, della bravissima attrice – chanteuse figlia d’arte (e che arte), giunta con IRM alla sua seconda prova su disco (se si eccettua l’album registrato appena ragazzina e facilmente prescindibile).
Adoro la Gainsbourg attrice, trovo che abbia una gravità espressiva e una sorta di malinconia innata che traduce in mimica come pochissime altre attrici odierne, reciti per Von Trier o Gondry non fa differenza. La stessa profondità, la stessa ricerca di sfumature, quella delicatezza inusitata nel porsi e nel porre, resta privilegio dell’ascoltatore dall’inizio alla fine del disco, nonostante gli interventi intenzionalmente fuori fase del musicista losangelino.
IRM è la sigla francese per indicare la risonanza magnetica ed è il chiaro riferimento all’episodio che vide la Gainsbourg in fin di vita dopo un incidente un paio d’anni fa, a causa di un’emorragia cerebrale risolta per miracolo da un intervento chirurgico. IRM dà il titolo anche al secondo brano del disco, un travaglio di beep ospedalieri, cori metallici e agonie spaziali, un testo che esula dalla realtà fermandosi in un limbo di certezze disconnesse e psicotiche (“Leave my head demagnetized/ Tell me where the trauma lies/ In the scan of pathogen/ Or the shadow of my sin."). In questa canzone, nel suo significato e nella sperimentazione semantica e musicale di cui è oggetto, giace il senso dell’intero lavoro.
Ed è un percorso morbido ma ondivago, che passa dai tribalismi dell’iniziale Master’s Hands alla bjorkiana già citata IRM, dalla delicatezza di Le Chat Du Café Des Artistes (cover di un vecchio brano di Jean-Pierre Ferland, cantato con dolcissima risolutezza) e di La Collectionneuse all’accoppiata Trick Pony – Greenwich Mean Time, in cui prendono la scena bassi pulsanti e tappeti electro, mentre la voce della Gainsbourg viene prima distorta (nel primo brano, più riuscito) e poi distrutta dal vocoder, in una bolla ritmica che mi ha ricordato gli Eels più controversi (quelli di Souljacker).
Non tutto è perfettamente a fuoco, parlo specialmente di Heaven Can Wait, unico duetto con Beck e forse pezzo più debole del disco, una filastrocca alla Belle And Sebastian più gioiosi, e di Looking Glass Blues, non più di un divertissement tipico dell’artista americano. Anche Time Of The Assassins, ostentatamente beckiana, racconta di rinascite e speranze, è piacevole ma aggiunge poco alla cifra compositiva della coppia. Discorso diverso per Me And Jane Doe, un battito scandito di percussioni, marimba e coretti maschili (molto Magnetic Fields), per l’incedere westernato di Dandelion (i Kills che giocano con ottoni ed archi) e per gli arpeggi soavi di In The End, lieve e ricamata di violini.
Menzione d’onore infine per Vanities, poetica e straziante (“and I’m only burning vanities”), scenari infuocati di tramonti, lunga immaginifica coda, e per la bellissima Voyage, praticamente perfetta nella sua ritmica serrata, nell’incombenza degli archi, nel rincorrersi stonato di base e canto (anche se fin troppo simile a Paper Tiger di Beck).
Lontano anni luce da prove affini di altre starlette patinate (non faccio nomi, Carla Bruni), IRM è disco vero di un’artista vera, a tutto tondo, non mero vezzo cantautorale estemporaneo. Un suono altissimo, ricercato, profondo, una produzione sopra le righe non sempre efficace, ma un piacevolissimo ascolto anche per orecchie abituate all’eccellenza.
La confezione deluxe comprende un dvd di 40 minuti con interviste alla Gainsbourg e a Beck, prove in studio, il video surreale di Heaven Can Wait con relativo making of. Deluxe edition reperibile in rete a un prezzo davvero irrisorio (ma questa è un’altra storia).
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