Baustelle
La Moda Del Lento
Mentre riascolto dopo lunghi mesi La Moda Del Lento la mia finestra è socchiusa. Penetra effervescente l'aria dell'inverno, con un guaito randagio di cane affamato, e il suono di campane a morto dalla chiesa del vicino ospedale. C'è una sorta di magica intonazione in tutto questo.
Questo album, come nenia di campane, possiede il fascino paradossale del porre all'ascoltatore eventi strazianti - morte, abbandono, solitudine - privandoli di qualsiasi oggettiva solennità, grazie all'apporto di un tappeto ritmico e musicale fresco come un cocktail estivo.
Nel pop colto, si sa, lapparenza inganna, e non sempre ciò che ha foggia di caramella ne mantiene intatto il sapore. I Baustelle su questo hanno fatto scuola, per lo meno in Italia, giungendo al contratto major e in cima alle classifiche forti di un elettropop per certi versi orecchiabile, ma affrontando tematiche spesso scomode e raramente accomodanti.
Ma parliamo del disco.
La Moda Del Lento arriva nei negozi nel 2003, seguito logico e ideale dellinsuperato Sussidiario Illustrato Della Giovinezza datato 2000, vincitore del Premio Fuori dal Mucchio come miglior esordio italiano di quellanno.
Non può e non vuole, La Moda Del Lento, restare isolato dallingombrante predecessore, pretende anzi di esserne ideale prosecuzione, coda trascinata di un corpo perfetto. Né per noi è facile prescindere dal Sussidiario, chè sulla scorta di quellincanto abbiamo atteso una frontiera compiuta, una parola fine.
Per chi non lo conoscesse, il Sussidiario rappresentava con rara partecipazione un affresco spudorato delladolescenza, nel suo percorso doloroso ma necessario verso letà adulta. Un concept, lo definirebbero i puristi. Ne La Moda Del Lento ci si ritrova improvvisamente maturi, a dover affrontare con uno sguardo nuovo e più faticoso, perché cosciente, gli stessi problemi, gli stessi traumi, gli stessi fremiti. Per questi e altri motivi, dal punto di vista musicale lalbum si pone in modo simile nel suono, dissimile nel concepimento dello stesso: dove nel Sussidiario trovava spazio urgenza e per certi versi spontaneità, qui tutto è più ponderato, attento, arrangiato al limite della ridondanza, eppure fruibile nellimmediato, godibile anche allascoltatore distratto. Forma e sostanza, dicevamo, la differenza sta nello studio maniacale dellarrangiamento, aspetto che si apprezza con lattenzione e dopo numerose frequentazioni.
Stesso discorso vale per i testi, fuggevoli allascolto occasionale, in realtà ricchi e profondi, per alcuni tratti quasi ermetici.
Le canzoni, dunque: anche questalbum crea un percorso, tema portante labbandono, un percorso doloroso, quasi agonizzante, in cui si cade spesso e di rado ci si rialza. Se nel Sussidiario la sofferenza era presente ma messa da parte in favore di una sporca felicità che solo ladolescenza fa provare, qui tutto è sotto gli occhi, non esistono scappatoie, occorre pensarci a quella sofferenza, guardarla in faccia, troppo facile chiudere gli occhi immaginando un futuro migliore: il futuro è ora, domani sarà tardi. Rassegnazione. E poi il contraltare: melodie gioiose, coretti delicati, ricami di trombe, pianoforti a coda e orchestrazioni suadenti, e la voce calda e serena di un Francesco Bianconi sempiterno cantastorie, protagonista sorridente, coadiuvato dalla levità eterea dello splendido canto di Rachele Bastreghi, qui purtroppo meno presente che in passato (e in futuro, col senno di poi).
Si comincia da Cin Cin, la malinconica coscienza di non essere pronti, poi Arriva Lo Ye-Yè con le sue squallide avventurine estive (Questo film ridicolo / quando finirà?), La Canzone Di Alain Delon e Love Affair (la mia preferita, n.d.a.), che sussurrano tra i denti il rammarico di emozioni che non torneranno. Il Seno è il sopravvenire di desideri marci e pruriti squallidi, Mademoiselle Boyfriend è il sesso al suo estremo con gli occhi vacui e il pensiero altrove qui idealmente finisce il primo tempo, si riparte con la gioia insensata nel finto ottimismo de La Settimana Bianca, arrivando alla poetica luminosa nel canto damore per la musa Elisa in EN, alla dipendenza fisica dallamore ritrovato (Réclame), per tornare circolarmente alle delusioni, le solite scuse, le solite reazioni per una nuova fine (La Moda Del Lento), e di nuovo solitudine e malinconia (Bouquet). La chiusura spetta ad Arrivederci, che sembra volersi affrancare per sempre dai temi affrontati. E infatti, ora lo sappiamo, gli scritti di Bianconi torneranno solo sporadicamente sullamore e sui suoi terremoti emotivi, per dedicarsi a tematiche sociali di altro tenore e respiro.
Lalbum si chiude con una ghost track, Beethoven O Chopin?, un delirio sognato con una lunga coda onirica, una traccia fantasma nel vero senso della parola, che tronca definitivamente ogni ulteriore digressione sul tema: I ricci sulla fronte / Le lettere damore / Sfumare lorizzonte /Stare male / Il senso della morte / E la sifilide / Per archiviare il caso / Riguardante te.
Disco sofferto, La Moda Del Lento, da consumare spesso, ma con dovuta, lentissima cautela e, possibilmente, con il cuore in pace.
Tweet