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R Recensione

7,5/10

Baustelle

La Moda Del Lento

Mentre riascolto dopo lunghi mesi “La Moda Del Lento” la mia finestra è socchiusa. Penetra effervescente l'aria dell'inverno, con un guaito randagio di cane affamato, e il suono di campane a morto dalla chiesa del vicino ospedale. C'è una sorta di magica intonazione in tutto questo.

Questo album, come nenia di campane, possiede il fascino paradossale del porre all'ascoltatore eventi strazianti - morte, abbandono, solitudine - privandoli di qualsiasi oggettiva solennità, grazie all'apporto di un tappeto ritmico e musicale fresco come un cocktail estivo.

Nel pop colto, si sa, l’apparenza inganna, e non sempre ciò che ha foggia di caramella ne mantiene intatto il sapore. I Baustelle su questo hanno fatto scuola, per lo meno in Italia, giungendo al contratto major e in cima alle classifiche forti di un elettropop per certi versi orecchiabile, ma affrontando tematiche spesso scomode e raramente accomodanti.

Ma parliamo del disco.

La Moda Del Lento” arriva nei negozi nel 2003, seguito logico e ideale dell’insuperato “Sussidiario Illustrato Della Giovinezza” datato 2000, vincitore del Premio Fuori dal Mucchio come miglior esordio italiano di quell’anno.

Non può e non vuole, “La Moda Del Lento”, restare isolato dall’ingombrante predecessore, pretende anzi di esserne ideale prosecuzione, coda trascinata di un corpo perfetto. Né per noi è facile prescindere dal “Sussidiario”, chè sulla scorta di quell’incanto abbiamo atteso una frontiera compiuta, una parola fine.

Per chi non lo conoscesse, il “Sussidiario” rappresentava con rara partecipazione un affresco spudorato dell’adolescenza, nel suo percorso doloroso ma necessario verso l’età adulta. Un concept, lo definirebbero i puristi. Ne “La Moda Del Lento” ci si ritrova improvvisamente maturi, a dover affrontare con uno sguardo nuovo e più faticoso, perché cosciente, gli stessi problemi, gli stessi traumi, gli stessi fremiti. Per questi e altri motivi, dal punto di vista musicale l’album si pone in modo simile nel suono, dissimile nel concepimento dello stesso: dove nel “Sussidiario” trovava spazio urgenza e per certi versi spontaneità, qui tutto è più ponderato, attento, arrangiato al limite della ridondanza, eppure fruibile nell’immediato, godibile anche all’ascoltatore distratto. Forma e sostanza, dicevamo, la differenza sta nello studio maniacale dell’arrangiamento, aspetto che si apprezza con l’attenzione e dopo numerose frequentazioni.

Stesso discorso vale per i testi, fuggevoli all’ascolto occasionale, in realtà ricchi e profondi, per alcuni tratti quasi ermetici.

Le canzoni, dunque: anche quest’album crea un percorso, tema portante l’abbandono, un percorso doloroso, quasi agonizzante, in cui si cade spesso e di rado ci si rialza. Se nel “Sussidiario” la sofferenza era presente ma messa da parte in favore di una sporca felicità che solo l’adolescenza fa provare, qui tutto è sotto gli occhi, non esistono scappatoie, occorre pensarci a quella sofferenza, guardarla in faccia, troppo facile chiudere gli occhi immaginando un futuro migliore: il futuro è ora, domani sarà tardi. Rassegnazione. E poi il contraltare: melodie gioiose, coretti delicati, ricami di trombe, pianoforti a coda e orchestrazioni suadenti, e la voce calda e serena di un Francesco Bianconi sempiterno cantastorie, protagonista sorridente, coadiuvato dalla levità eterea dello splendido canto di Rachele Bastreghi, qui purtroppo meno presente che in passato (e in futuro, col senno di poi).

Si comincia da “Cin Cin”, la malinconica coscienza di non essere pronti, poi “Arriva Lo Ye-Yè” con le sue squallide avventurine estive (“Questo film ridicolo / quando finirà?”), “La Canzone Di Alain Delon” e “Love Affair” (la mia preferita, n.d.a.), che sussurrano tra i denti il rammarico di emozioni che non torneranno. “Il Seno” è il sopravvenire di desideri marci e pruriti squallidi, “Mademoiselle Boyfriend” è il sesso al suo estremo con gli occhi vacui e il pensiero altrove… qui idealmente finisce il primo tempo, si riparte con la gioia insensata nel finto ottimismo de “La Settimana Bianca”, arrivando alla poetica luminosa nel canto d’amore per la musa Elisa in “EN”, alla dipendenza fisica dall’amore ritrovato (“Réclame”), per tornare circolarmente alle delusioni, le solite scuse, le solite reazioni per una nuova fine (“La Moda Del Lento”), e di nuovo solitudine e malinconia (“Bouquet”). La chiusura spetta ad “Arrivederci”, che sembra volersi affrancare per sempre dai temi affrontati. E infatti, ora lo sappiamo, gli scritti di Bianconi torneranno solo sporadicamente sull’amore e sui suoi terremoti emotivi, per dedicarsi a tematiche sociali di altro tenore e respiro.

L’album si chiude con una ghost track, “Beethoven O Chopin?”, un delirio sognato con una lunga coda onirica, una traccia fantasma nel vero senso della parola, che tronca definitivamente ogni ulteriore digressione sul tema: “I ricci sulla fronte / Le lettere d’amore / Sfumare l’orizzonte /Stare male / Il senso della morte / E la sifilide / Per archiviare il caso / Riguardante te”.

Disco sofferto, “La Moda Del Lento”, da consumare spesso, ma con dovuta, lentissima cautela e, possibilmente, con il cuore in pace.

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 21 voti.
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Peppe 10/10

C Commenti

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Mr. Wave (ha votato 7 questo disco) alle 12:10 del 24 gennaio 2009 ha scritto:

Quoto la valutazione del recensore. Credo sia il disco dei Baustelle, che più di tutti strizzi l'occhio a quelle sonorità algide molto in voga negli 80s. ''La canzone di Alain Delon'', ''Love Affair'' e ''Il seno'' sono le perle dell'album. Insomma, il miglior lavoro dei Baustelle, dopo il bellissimo ''Sussidiario Illustrato Della Giovinezza''. [voto: 7.5]

TheManMachine alle 12:17 del 24 gennaio 2009 ha scritto:

Beh, Daniele, che dire. La recensione è splendida, hai una scrittura tersa, equilibrata, perfetta. Bentrovato e complimenti, devi assolutamente scrivere ancora su sdm! Sui Baustelle mi astengo, purtroppo non fanno musica per me, e dubito che mai la faranno.

bargeld, autore, alle 13:14 del 24 gennaio 2009 ha scritto:

Carlo ti ringrazio per l'incoraggiamento, sicuramente sarò dei vostri per lungo tempo, questo sito è stato una piacevole scoperta e adoro la passione di cui è permeato! Sottoscrivo quanto espresso da angelo, grazie per le tue puntualizzazioni.

target (ha votato 7 questo disco) alle 14:09 del 24 gennaio 2009 ha scritto:

E' il disco dei Baustelle che i Baustelle amano meno. Ma a me continua a piacere per la sua sostanza glabra, per la sua decadenza blasé ostentata (qua e là anche antipaticamente - vd. "Mademoiselle Boyfriend", che ho sempre visto come la canzone che d'Annunzio avrebbe scritto a un'amante qualsiasi dopo il coito: narcisa ed esotica assieme), per la sua schizofrenia (il suo voler essere troppe cose) che trova però una certa unità nell'umore malinconico di fondo. E' un bellissimo disco vecchio/giovane (come il protagonista di Alain Delon), di transizione, che sa ancora tantissimo di Pulp (la melodia della strofa de "La moda del lento" cita chiaramente "Glory Days" da "This is hardcore", per dirne una), che ha ancora un Massara gustosissimo, poi perduto, che ha tocchi kitsch ridicolmente coraggiosi ("Reclame"), che ha grandi canzoni abbinate ad arrangiamenti curiosi (il clima da spy-story del "Seno"). "EN", coincidenza, l'ho ascoltata stamattina in macchina. E mi sono accorto che è forse il pezzo migliore del disco. Sinfonismo marmoreo. Bella la tua lettura, daniè.

Disorder (ha votato 8 questo disco) alle 14:19 del 24 gennaio 2009 ha scritto:

8e_dico_0tto

per me la moda al pari di sussidario.imprescindibili tutti e due per un pezzo di affresco musicale italiano dal gusto ingenuo e puro di una volta.

EN capolavoro del disco forse la mia preferita in assoluto.e "reclame"oh...per quanto possa essere fastidioso quel coretto...e aver quella tastierina all'inizio che fa molto LIQUIDO...è un brano un po' sottovalutato...

Marco_Biasio (ha votato 7 questo disco) alle 19:02 del 24 gennaio 2009 ha scritto:

Un disco che prende centinaia di direzioni, senza riuscire a svilupparne una in maniera deguata. Così facendo, rimane un bel minestrone, gradevole a vedersi, buono e gustoso. Ma che pur sempre minestrone è. I Baustelle, prima con "La Malavita" e poi con "Amen", riusciranno ad evolversi definitivamente, dando forma compiuta a (quasi) tutte le loro idee. Bel colpo, il tuo. Scrivi bene.

Dr.Paul (ha votato 8 questo disco) alle 18:57 del 25 gennaio 2009 ha scritto:

Questo è un discone, quantomeno un 4 stelle, 8/10, c’è una ricerca sonora nei solchi...da fare scuola”, gli elettro-randomismi di Massara sono stupefacenti, le chitarre di Brasini spesso carezzano paesaggi tropicalia che in mademoiselle boyfriend diventano dominanti, le doppie voci sempre curatissime, i du du, lailala, sciup sciup di Rachele sembrano campionati da bobine filmiche in bianco e nero, i vari riferimenti esterofili (pulp, belle e sebastian, death cab for cutie, stereolab stereototal, pizzicato five, gainsbourg, smiths, saint etienne, sixtiesaggini varie e furbate di casa Morr) offrono nuovi scenari su cui lavorare grazie all’interazione con elementi della tradizione popolare tricolore.... quelli che vanno dal cool pop dei matia bazar, alla chanson di patty pravo... fino al kitsch-pop di “disco bambina” di heather parisi...sdoganato ed elevato come un calice consacrato, i prodromi di quello che sarà amen sono già tutti qui ... e se ne può parlare su quale sia riuscito meglio...

Mi unisco al coro di complimenti per la rece scritta veramente molto bene, anche se avrei preferito si parlasse piu di musica, un neofita deve sapere cosa ci trova dentro sto disco, è un disco pop, quale pop?

bargeld, autore, alle 23:55 del 25 gennaio 2009 ha scritto:

caro paolo grazie per le preziose puntualizzazioni che denotano senz'altro grande competenza e che mi trovano d'accordo (quasi) su tutta la linea... riguardo al parlare più dell'aspetto musicale ho solo due o tre considerazioni da fare. la prima, semplice e modestissima: è la prima recensione che scrivo per sdm e ho ancora tanto da imparare! la seconda: non ho approfondito più di tanto l'aspetto musicale perchè ho reputato i baustelle tra i gruppi potenzialmente più conosciuti da utenti e ospiti di sdm, che magari cercavano dalla recensione un senso diverso e non decine di nomi e riferimenti... ma anche qui mi posso sbagliare. la terza: credo che il neofita, se di neofita si tratta, riesca a discernere pochissimo sul tipo di pop sviluppato dalla band leggendo la sequela di nomi che tu citi, e non perchè non siano giusti o precisi... da lettore di carta stampata musicale ho sempre apprezzato di gran lunga chi per descrivermi un disco preferisce le immagini ai paragoni, perchè trovo che ci sia più poesia che matematica nel parlare di qualcosa che ci piace e ci appassiona. detto questo, ti ringrazio ancora per l'attenzione, i complimenti e le critiche di cui sentirò sempre il bisogno. alla prossima!

ozzy(d) (ha votato 7 questo disco) alle 12:01 del 26 gennaio 2009 ha scritto:

Il loro migliore album.

Dr.Paul (ha votato 8 questo disco) alle 12:54 del 26 gennaio 2009 ha scritto:

si bargeld comprendo tuo punto di vista, ho solo detto umilmente la mia, è vero io tendo ad interessarmi piu della carne della materia della matematica, riguardo la carta stampata anche io ho letto molto specie in passato, ma le "immagini" sono troppo intime, personali...a questo proposito ho trovato un interessante articolo/intervista sul giornale DNews uscito oggi, uno di quei quotidiani tipo Metro che si trovano in tutte le grandi città gratuitamente, c'è un interessante intervista a Simon Reynolds (ritenuto il piu grande critico vivente), reynolds critica aspramente l'andazzo dicendo: "per i giornalisti è piu facile scrivere di testi delle canzoni perche usano le parole e perche non sono in grado di parlare delle cose a cui i musicisti pensano per il 90% del loro tempo. la maggior parte dei critici non sa suonare uno strumento, non conosce la musicologia, tantomeno le tecniche di registrazione. si accontentano di parlare degli argomenti delle canzoni o delle opinioni del gruppo su questa o quella cosa, o, peggio, di gossip."

)))

bargeld, autore, alle 16:58 del 26 gennaio 2009 ha scritto:

condivido... per lo meno il tuo commento precedente completa la mia recensione da questo punto di vista e ti ringrazio per questo! è pur vero che la mia scrittura è quella di un appassionato non di un giornalista. cercherò una via di mezzo. grazie!

sosetta (ha votato 1 questo disco) alle 1:25 del 29 marzo 2010 ha scritto:

ma...

... questi qui ne hanno ancora per molto? du' palle. Non si affrontano.

unknown (ha votato 8 questo disco) alle 20:39 del primo gennaio 2014 ha scritto:

finalmente è uscita la ristampa..disco meraviglioso

zagor alle 21:30 del 28 marzo 2016 ha scritto:

"ti credi alain delon coi profilattici tu!" lol...bel disco, riascoltato proprio oggi.