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R Recensione

6,5/10

Il Solito Dandy

Buona Felicità

Se 1 + 1 facesse sempre 2, ovvero se ad ogni manifestazione della realtà si potessero applicare le regole della logica e della causalità, bisognerebbe dire a Fabrizio Longobardi che non si può, a vent’anni, dichiarare di “essere fuggiti da un’adolescenza punk”, oltretutto se si è approdati al recupero nostalgico di un’epoca in cui non si era nemmeno nati. Si dovrebbe anche obiettare che, insomma, questo pop elettronico in salsa anni ’80 ha stancato: abbiamo i Thegiornalisti, gli Ex-Otago, Lo Stato Sociale, I Cani. Abbiamo visto due serie di Stranger Things. Di questo passo ci toccherà chiamare i Ghostbusters. Dovremmo anche dire, a Il Solito Dandy, che mettere tutti quei “tipenzotipenztipenzoetipenzo” in una canzone è rischioso, soprattutto se seguiti da una cosa che fa “paranoiepappaparanoie”. E poi tutti quei flanger paraculi, il dentifricio per cuori sensibili, la poetica del supermercato.

Invece, quando c’è differenza tra il dato reale e il dato percepito, fare la somma non basta. “Owen Wilson”, per esempio, riproponendo il solito richiamo all’epoca aurea di Umberto Tozzi e Raf all’Eurofestival, lambisce il Vasco Rossi coevo di “Cosa succede in città” diventando una canzone decisamente gradevole. Anche l’abusato tema dell’amore di provincia riacquisisce freschezza negli accenni funky à la Get Lucky” di “Vittorio Emanuele”, quasi un Alan Sorrenti semplificato e rimasterizzato. Altrove è il modello Thegiornalisti con i suoi debordanti tastieroni a fare bella mostra di sé (“Dentifricio”, che poi anche i Coldplay, vabbè) oppure una spinta danzereccia in stile Flashdance (“Tigre Pasquetta”) e un senso generale di classicità pop (“Milena Mazzora”, “In questo caldo porpora”) che potrebbe avvicinare questo dandy decisamente solito in un ottimo artigiano pop del futuro.

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